A quattro anni di distanza da ‘Monument’, i bielorussi danno alle stampe un lavoro che testimonia un cambiamento importante ed un omaggio solenne all’ebm ed alla new wave dei tempi d’oro. Qualche minuto e si evincono subito i progressi in fase di produzione. I suoni sono spettrali come sempre, ma ancora più orientati verso il big beat e di conseguenza accessibili. Ciò non significa che i Molchat Doma siano diventati commerciali, però il successo ottenuto ha dato loro una consapevolezza maggiore nei propri mezzi e l’autorità per prendere decisioni coraggiose. L’esperienza d’ascolto è ancora più eccitante e, se da una parte si ha la sensazione che da atmosfere tanto tetre possa saltare fuori un mostro da un momento all’altro, per altri versi pare di trovarsi nel bel mezzo di un dancefloor alternativo dei primi anni novanta a cantare a squarciagola la hit dark del momento. In scaletta si passa da inni synthwave segnati da una drum machine marziale a retaggi dei Depeche Mode – con riferimenti precisi alle ere ‘Black Celebration’ e ‘Music For The Masses’ – passando per rasoiate coldwave, febbrili visioni post-punk (‘Son’) e sperimentazioni elettroniche (‘Belaya Polosa’), con il cantato evocativo di Egor Škutko a cesellare il tutto. In attesa di rivederli dalle nostre parti, un album da consumare fino al midollo anche per chi non è avvezzo a certe sonorità.