Il problema di ‘Shining’ non è, come affermato su tante webzine, nella sua scarsa attitudine metal, supportata da Dan Lancaster (Bring Me The Horizon, Muse). La scelta dei finlandesi, ad ormai venticinque anni di attività, di immettere sul mercato un disco semplicemente dark e costruito su disegni armonici in grado di esaltare il cantato pulito dell’ex-Barren Earth Mikko Kotamäki è del tutto comprensibile e accettabile. Se i metallari ottusi la trovano sbagliata o non in linea col glorioso passato della band affari loro. Il problema vero del successore di ‘Moonflowers’ è che, pure dopo numerosi ascolti, risulta un disco decisamente scollegato e poco organico. Sembra quasi il progetto solista di un cantante che desidera provare qualcosa di differente. In ogni caso non certo il disco di una band. La componente death-doom è solo di contorno e Juha Raivio offre il meglio in ‘Under The Moon & Sun’ e ‘Kold’, mentre singoli come ‘Innocence Was Long Forgotten’ e ‘What Have I Become’ non incidono come dovrebbero e ‘MelancHoly’ cita di Paradise Lost del periodo più sperimentale senza però entusiasmare. L’intensità e soprattutto la densità del songwriting di un tempo sono un miraggio e, al di là dell’assenza di parti intricate e riff potenti, la scarsa profondità del materiale sorprende in negativo. Visto quanto sono riusciti a regalarci in passato, possiamo perdonare agli Swallow The Sun un passaggio a vuoto. Di sicuro però non siamo più all’inizio degli anni duemila quando i dischi si vendevano ancora. Certi errori adesso si pagano.