Ricky Warwick può essere tranquillamente considerato uno degli ultimi rocker duri e puri presenti sulla scena da ormai tantissimi anni. Tra Almighty, Thin Lizzy, Black Star Riders e altre incorporazioni musicali, il musicista britannico sembra stia conoscendo una seconda giovinezza, grazie ad una serie di dischi freschi ed ispirati. Insomma, non ci troviamo dinnanzi al classico artista che fa musica solo per sbarcare il lunario e pagare le bollette. Qui, invece, abbiamo ancora una persona ispirata e “Blood Ties” si dimostra un disco sanguigno in cui il rock suonato alla vecchia maniera la fa da padrone. L’inizio è sicuramente dirompente grazie all’ariosa opener “Angels Of Desolation” che mette in mostra, casomai ve ne fosse bisogno, come si debba scrivere un brano tosto e, allo stesso tempo, dall’appeal melodico non indifferente. Stesso discorso vale per la cupa “Rise and Grind” che vede la partecipazione di Charlie Starr. A proposito di ospitate non possono passare sotto traccia quelle in cui compaiono due leggende viventi come la mitica Lita Ford, che ci mette la passione e la voce nell’americana “Don’t Leave Me In The Dark” che fa immaginare uno scenario da open road molto caro ai bikers, e come la mente dei The Cult, al secolo Billy Duffy, capace di portare al servizio di Warwick uno dei soliti riff per cui è famoso in tutto il mondo in un pezzo tirato quale “The Hell Of Me And You” che sarebbe stato perfetto per la sua storica band. Per il resto troviamo canzoni tirate il giusto in cui ritornano alla mente i Thin Lizzy (“The Crickets Stayed In Clovis” ricorda vagamente “The Boys Are Back in Town”) o esempi di puro stile rock quale “Dead And Gone” che, con la sua dimensione elettro-acustica, si eleva tra le cose migliori di questo lavoro in cui, sinceramente, è difficile trovare dei fillers. Siamo al cospetto di un disco sincero e puro, che rispecchia in pieno la personalità di un musicista come Warick a cui piace suonare con il cuore e con la passione tipica di chi pare avere ancora venti anni. In certi casi vale il detto “provare per credere” e, quindi, vi invitiamo ad ascoltare la conclusiva e melodica “The Town That Didn’t Stare” per capire come questo signore si diverta ancora a suonare rock’n’roll nella maniera più genuina del termine.