La stagione del progressive inizia davvero nel migliore dei modi. ‘The Origins Of Ruin’ è un album che ha bisogno di molti ascolti per emergere in tutto il suo fascino. Il disco dei californiani svela arrangiamenti dinamici e una vena sperimentale che non conoscevamo nella musica dei Redemption e che in futuro potrebbe essere sviluppata ancora maggiormente riservandoci sorprese. Circondato da figure di primo piano come Ray Alder (Fates Warning), Tommy Newton (Victory), Bernie Versailles e Chris Quirarte il leader Nicolas Van Dyk ha dato alle stampe un terzo lavoro nettamente più completo e vario di quelli che lo hanno preceduto permeando ogni singola pagina di un elaborato racconto di classe innata e virtuosismi. Passaggi riflessivi come "Bleed Me Dry" e "Memory" si intrecciano abilmente con retaggi della vecchia scuola che hanno il pregio di non apparire come patetiche ripetizioni di qualcosa che abbiamo già sentito troppe volte ma interessanti contributi all"evoluzione di un genere a tratti immobile e altre volte pervaso da istinti di progresso ("Man Of Glass" e "Blind My Eyes" le canzoni che spiccano sulle altre in questo senso). Il prossimo passaggio dovrà essere quello di ritagliare alle parti vocali uno spazio ancora più importante e difforme dal mero utilizzo strumentale della voce. A quel punto avremo veramente tra le mani un gruppo in grado di farci sognare. La redenzione è possibile.