Perdere per la seconda volta Messiah Marcolin dopo la tanto declamata reunion poteva essere la mazzata definitiva sul capo dei Candlemass. L"attempato Leif Edling ha invece saputo volgere la situazione a proprio favore chiamando al proprio cospetto l"immenso Robert Lowe (Solitude Aeternus). Improvvisamente l"attesa per questo album si è fatta calda e la label ha pensato bene di promuovere la nuova formazione come supergruppo doom e ricordando come Marcolin non avesse cantato sul capolavoro indimenticato degli svedesi, quel "Epicus Doomicus Metallicus" che a distanza di vent"anni riecheggia ancora tra le radure ghiacciate del nord come vero disco iniziatore della causa doom. Ascoltando "King Of The Grey Islands" la prima impressione è quella di un disco molto oscuro e flemmatico che si avvale della migliore produzione in assoluto che abbiano mai avuto i Candlemass. Lowe fa il suo mestiere alla grandissima elevandosi nei labirinti sonori creati dal resto del gruppo. "Emperor Of The Void", "Devil Seed", "Man Of Shadows" e "The Opal City" sono canzoni che non tarderanno a divenire classici e anche quando le atmosfere diventano un attimo più ripetitive e scontate non si può non dare merito ai Candlemass di mantenere sempre alto e costante il livello tecnico-qualitativo generale. Non fosse per un paio di brani avremmo gridato all"evento. Così non è ma Lowe ha tutto per non far rimpiangere chi l"ha preceduto e per ridare vigore alla carriera degli indimenticabili re del doom.