Non posso certo dire di essere un esperto di birra, d’altronde sono astemio totale (oltre che vegetariano, ma questa è un’altra storia), quindi sono ben lungi dall’immaginario che ha caratterizzato i Tankard nei 25 anni di carriera. Una carriera fortemente caratterizzata dall’utilizzo della birra (e ne sono sempre andati fieri, persino oltre ogni logica goliardica), ma soprattutto dalla divulgazione del verbo metallico fattosi thrash. E a voler essere più precisi, oltre che corretti nel tributare alla formazione teutonica i giusti meriti, si tratta di una tra le incarnazioni più credibili nell’ambito del thrash europeo, non solo per l’importanza storica, ma principalmente per il sound proposto in un quarto di secolo. Costantemente in bilico tra il non prendersi sul serio e il voler mettere in essere una sana carneficina, i Tankard hanno dimostrato di avere le idee chiare ogni qual volta hanno imbracciato gli strumenti. La loro interpretazione della materia è debitrice nei confronti del punk/crust, poi traslatosi nel contesto metallico, ma a differenza di altri gruppi che hanno abbandonato tale componente, i Tankard l’hanno conservata nel tempo, alternandola a una dose rilevante, ma non preponderante, di speed metal e generando un sound che, assieme a quello di Kreator e Destruction, ha dato vita all’armata teutonica. ‘Best Case Scenario: 25 Years In Beers’ mette insieme quindici brani risalenti al periodo 1986/1995 completamente ri-registrati dalla band di Francoforte al fine di renderli più appropriati ai canoni attuali e offre un quadro esemplare di ciò che significa Tankard. Chi si procurerà la versione limitata dell’album troverà incluso un secondo CD con diciotto pezzi coverizzati da nomi vari (tra cui Paradox, Sacred Steel, Abandoned, Torment e Hatework). Auf wiedersehen.