Spesso oggetto di diatribe, con un pubblico che li supporta e li adora da un lato, ma con una quantità altrettanto consistente di ascoltatori che li snobba o li critica aspramente dall’altro, gli Unearth hanno sempre proseguito lungo la propria strada e possono ben dire di aver definito una chiara matrice sonora. Partiti dall’hardcore metallico si sono presto dedicati con convinzione e partecipazione totale all’heavy metal in tutte le sue forme possibili, tanto quelle moderne, quanto (spesso) quelle classiche, non disdegnando affatto di suonare volutamente retrò, muovendosi in ambiti riconducibili al metal tradizionale così come al thrash old style. E se all’inizio pareva quasi come un voler interpretare una parte, con il passare degli anni è emerso come la band di Boston fosse seriamente intenzionata a rientrare all’interno di quel contesto. In corrispondenza del decimo anno di vita gli Unearth rilasciano un album, il quarto, che ne mette in mostra tutti i pregi e se qualcuno vi vorrà per forza dire che in realtà stanno solo facendo il verso a qualcun altro, vi invito a prestare orecchio alle diedi tracce di ‘The March’. Vi confronterete con un gruppo per cui la mescolanza ripetuta dei generi metallici (oltre a quelli citati prima includete anche il death melodico di provenienza scandinava, la New Wave Of British Heavy Metal e un certo groove metal massiccio) non conosce segreti e sa rendere il sound accattivante, sebbene punti costantemente sull’aggressione e sulle dinamiche mutevoli.