La tradizione storica di matrice epico/vichinga e nero metallica che fu patrimonio unico di Bathory si ri-materializza nell’estetica contemporanea e conservatrice in senso progressivo (se mi passate la contraddizione in termini) di Thyrfing. Questa è la summa massima di una band che ormai non necessita più di aggettivi che richiamino condizioni di stupore o sorpresa, dacché si tratta di una conferma destinata a rimanere tale e che può solo muoversi verso forme ulteriormente evolute, ma comunque radicate nel contesto musicale prima descritto. ‘Hels Vite’ è una lunga cavalcata di suono metal, che nell’interpretazione datane dalla band svedese è diventata, nel corso degli anni, sempre più oscura (quasi tetra e sinistra), inquietante e apocalittica, quindi non riconducibile ad altre formazioni che cercano di tramandare il verbo della mitologia nordica. Inoltre Thyrfing hanno saputo, il che viene confermato dal nuovo album, utilizzare in maniera assai intelligente i synth, ritagliando per essi un ruolo non di accompagnamento alla possente sezione ritmica (sempre assestata su inesorabili groove in tempi medi) e alle molteplici tonalità mutevoli della chitarra, ma lavorando affianco a quest’ultima, se non dettando i cambi atmosferici all’interno delle composizioni. E se pensate che si sono ritrovati a dover fronteggiare la dipartita di due elementi fondamentali quali il contante Thomas Väänänen (sostituito egregiamente dell’ex Naglfar Jens Rydén) e del chitarrista Henrik Svegsjö (non rimpiazzato), risalta ancora di più la loro bravura nella strutturazione dei pezzi, mettendo in mostra una maturità creativa che non limita in alcun modo la visione del progetto a un contesto definito, ma parte da tale contesto per elevarlo a una forma sonora più completa, dove durante l’ascolto non viene mai meno l’interesse per ciò che si sta ascoltando. Canzoni (con tutto ciò che tale termine implica, quindi anche una certa orecchiabilità) maestose!