Sarebbe complicato e a mio modo di vedere anche sintomo di superficialità affermare se "Death Magic Doom" sia o meno il miglior disco dei Candlemass dopo "Nightfall" come annunciato da Leif Edling ma senza alcun dubbio è il disco di cui aveva bisogno la band in questo momento. L"ingresso in pianta stabile di Robert Lowe aveva portato commenti positivi e grande entusiasmo ma "The King Of The Grey Islands" pur essendo un ottimo album non possedeva ancora i crismi del capolavoro o comunque le canzoni che potessero accontentare tutte le esigenze degli appassionati del doom più atavico e carnale. "Death Magic Doom" le possiede. Il ritorno dei Candlemass passa da monoliti quali "If I Ever Die" e "Hammer Of Doom" e per la prima volta nessuno si sentirà in dovere di chiedersi come sarebbero venute fuori certe tracce con un altro cantante. L"integrazione di Lowe nelle strutture compositive della band rasenta infatti la perfezione e l"apporto chitarristico di Edling e Mats Bjorkman è tale da creare una continuo rapporto di soggezione/esaltazione tra sezione strumentale e microfono che infonde il sabbatico incedere a tutto il disco. "The Bleeding Baroness" assurge a sanguinoso completamento del percorso intrapreso con la release precedente mentre "My Funeral Dreams" chiude le macabre danze esattamente come in "Nightfall" "Black Candles" declamava l"ultimo sussulto. I Candlemass sono ancora tra noi. Retrogradi alla massima potenza ma ancora pregni del sacro fuoco che anima la musica più grande.