Mai come questa volta gli Infection Code hanno fatto centro. "Fine" è la progressione naturale di "Intimacy" e allo stesso tempo la stigmatizzazione di alcuni concetti che avevano serpeggiato nei dischi precedenti dei piemontesi e adesso delineano in maniera radicale e provocatoria la loro opera sonora. "Fine" è un tumulto di rabbia sapientemente gestito da Eraldo Bernocchi e capace di sviluppare le proprie perfide trame attraverso il rancore vocale di Gabriele Oltracqua. "Varnish" e "All Colours" hanno il compito di scaraventarci contro un muro di deliranti grovigli di note. L"impatto rende l"ascoltatore inerme, incapace di reagire e le successive "Grey" e "Collapse Of The Red Side" – per chi scrive il culmine assoluto della loro carriera – hanno la possibilità di penetrare a fondo nel suo subconscio. “Il grigio di un freddo, bastardo mattino invernale, il rosso desertico paesaggio arso dal sole, il nero notturno che avvolge misterioso ed irriverente il mondo”. "Black Glue" è il risultato della fusione arbitraria di oltre dieci anni passati insieme a combattere un"industria musicale in debito di ossigeno. Colpisce al cuore la rilettura di "Cupe Vampe" dei C.S.I. mentre il testo di "Painting My Life" scava nell"immaginario delle illusioni folli che soffocano la nostra esistenza. L"emotività attraverso il rumore e un gruppo che ha raggiunto il suo massimo livello di espressione.