Se si parla di libera e totale sperimentazione sonora ne sa decisamente qualcosa questo giovane artista originario del Michigan. A renderlo celebre il suo lavoro risalente a cinque anni fa "Come On Feel The Illinois" inserito in una più ampia idea concettuale di voler realizzare cinquanta dischi pari agli stati americani. "The Age Of Adz" è un disco talmente ambizioso ed eccentrico che ci porta a pensare che Sufjan Stevens stesse riponendo da anni la sua follia di artista fuori dagli schemi per poi riversarla completamente in questo ultimo full length. Il suo è un uso di un"elettronica "semplice" riscontrabile nel fatto che è largamente costruita su sintetizzatori analogici. Da qui nasce il geniale e bizzarro contrasto con gli arrangiamenti orchestrali che rendono il lavoro un fiume in piena. La psichedelia fredda e artificiosa riesce a penetrare nella profonda intimità di suoni strumentali così da creare un"atmosfera indiscutibilmente introspettiva. Da qui la direzione che prendiamo è completamente disorientante: armonie che si infrangono in continuazione contro le nostre pareti uditive, distorsioni acide, stridii e sciabordii trainati da cori tradizionali a dir poco assillanti. E poi i fiati incastrati in un contesto pop folk dannatamente space oriented. La title track e "Now That I"m Older" le esperienze più significative. "Vesuvius" è uno sprazzo di lucidità intensa e nei venticinque minuti della finale "Impossible Soul" tutto ciò detto fino ad ora raggiunge l"elevazione più estrema. Un tocco di classe anche l"artwork che raffigura i mostri mitologici del pittore Royal Robertson.