La resurrezione dei Godflesh non ha impedito a Justin K. Broadrick di portare a termine il successore di 'Ascension' mantenendo elevato il livello qualitativo del progetto che vede coinvolti anche l'ex Final Diarmuid Dalton, attivo anche con Iroha, ed il batterista Ted Parsons, in passato con Prong e Swans. Negli anni la vena sperimentale di 'Heart Ache' non è svanita ma le influenze shoegaze hanno preso il sopravvento sui claustrofobici stacchi ambientali generati dai synth. L'apertura è lasciata a 'Homesick' che gioca con il pop e regala un profilo melodico memorabile. Poi la scaletta si appesantisce, diventa morbosa, sempre più incline agli abissi ed improvvisamente ascoltare l'album diventa un processo convulso e nebuloso come se ai The Knife fosse stata rimossa la parte dance oppure i Bark Psychosis fossero stati investiti di ambizioni commerciali. I diciassette minuti di 'Everyday' spezzano in due la release quasi come fossero due ep uniti insieme e la sensazione di smarrimento è fortissima ma è con 'The Great Leveller' che si raggiunge l'apice espressivo tra tinte oscure e suoni dilatati. Non credo che di colpo il pubblico si farà adulto e si accorgerà di loro ma qualora l'esposizione mediatica aumentasse le sorprese per molti potrebbe essere notevoli.