Il problema degli ultimi album degli Overkill e se vogliamo di molte band della Nuclear Blast è la produzione. Sempre uguale. Nemmeno una minima variazione. Non c'è dubbio sul fatto che Bobby ?Blitz? Ellsworth e compagni stiano vivendo un momento importante della loro lunga carriera. La band è in formissima ed anche dal vivo le performance non lasciano trasparire l'età dei componenti. Dopo lo straordinario 'Ironbound', sul quale aveva messo le mani Peter Tägtgren, la band si è affidata alle cure di Greg Reely per 'The Electric Age' difatto mantenendo intatta la posizione delle manopole. Stessa cosa accade con 'White Devil Armory' che da questo aspetto viene un attimo appiattito. Un peccato perché la scaletta è eccezionale e tracce come 'Armorist', 'Where There's Smoke' e 'In The Name' con un po' più di coraggio avrebbero potuto essere accostati subito ad i classici senza tempo della band. Alcuni ci riusciranno comunque. 'King Of The Rat Bastard' per esempio. Il resto delle considerazioni non può che essere positivo e gli appassionati di thrash approveranno senza obiezioni. Pregi e difetti di un movimento che gli Overkill conoscono benissimo. 'Another Day To Die' e 'Down To The Bone' svelano una ricerca di groove superiore da parte di D. D. Verni mentre 'It's All Yours' è forse il brano in cui il frontman mostra maggiormente di non soffrire l'usura del tempo.