La tecnologia permette alle band di comporre a distanza evitando di ritrovarsi in sala prove e dovere necessariamente conciliare gli impegni personali di ciascun membro. Questo ha indubbi vantaggi ma finisce per rendere gli album freddi e didattici. Un po' quello che è successo agli svedesi che ormai da anni sono la creatura di Tom Englund con pregi e difetti del caso. Così come il songwriting di 'Torn' appariva stantio ed il successivo 'Glorious Collision' possedeva buoni spunti ma risultava altresì affrettato, 'Hymns For The Broken' riesce a riavvicinare gli Evergrey ai livelli di 'Recreation Day' senza apparire nostalgico o fine a sé stesso. Il ritorno del chitarrista Henrik Danhage e del batterista Jonas Ekdah gioca un ruolo decisivo in tal senso ma probabilmente più in termini nervosi che tecnici. L'approccio compositivo è infatti sempre melodrammatico e cupo ma allo stesso tempo più rilassato con passaggi che riflettono l'amore per il prog inglese ed altri tipicamente di natura heavy metal nordica. 'King Of Errors' e 'Black Undertow' si elevano in una scaletta coesa in cui la tosta 'A New Dawn' e la ballata dark 'Missing You' rappresentano gli opposti. Resta da capire se questa sorta di resurrezione funzionerà pure dal vivo o i personalismi che avevano portato alle vecchie fratture avranno ancora una volta la meglio.