Sarò di parte perché amo Justin Broadrick alla follia ma nessuno, ripeto nessuno, negli ultimi quindici anni è riuscito a regalare all’industrial un’aurea tanto sperimentale. Spesso isolato dal resto del mondo il suo genio si è frapposto tra la solitudine più totale ed una società in disarmo assumendo diverse forme e attitudini che rispondono a nomi come Godflesh, Final e Jesu.. Quest"ultimo progetto sta assumendo proporzioni che nessuno poteva attendersi sviluppando tessuti ambient da capogiro con le stesse sevizie da sempre apportate da Broadrick alla propria musica ed in questo caso a servizio di una melodia soffocata e quanto mai eterea e disturbante. "Silver" come il mini di debutto "Heartache" rappresenta un salto quantico propriorzionale alle aspettative diffuse su un full lenght che si annuncia a dir poco spiazzante. Le effusioni atmosferiche che dilatandosi pervadono spettrali intrecci pop-shoegaze (‘Star’) improvvisamente si ergono a ruvido spessore minimale che separa, distanzia e allontana definitivamente la nostra percezione del reale dalla cruda realtà (‘Dead Eyes’). I rovinosi arpeggi di ‘Silver’ ci introducono in un viaggio troppo breve, quasi orgasmico, alla ricerca di una verità che forse verrà elargita col prossimo drappello di invasive gestualità e sonore privazioni a nome Jesu.
Jesu (2005) Conqueror (2007) Infinity (2009) Ascension (2011) Everyday I Get Closer to the Light from Which I Came (2013) Terminus (2020) pity/piety (2022)