Sul fatto che la band di San Diego abbia sempre portato avanti la propria idea di musica senza mai scendere a compromessi ci sono pochi dubbi ma sfido chi si sarebbe aspettato un album di questo spessore in un momento storico del genere. Il sesto full lenght degli autori di 'The Harvest Floor' e 'Monolith Of Inhumanity' si erge ai livelli più elevati di sempre e sembra farlo con una semplicità spaventosa al cospetto di trame strumentali di una difficoltà esecutiva disarmante. Rispetto al passato la proposta ha guadagnato in attitudine live, pensate ai Revocation giusto per farvi un'idea, e tra una seria di blast beat apocalittici ed assoli di chitarra al fulmicotone, Travis Ryan dimostra di sapere perfettamente come seviziare l'ascoltatore senza risultare banale o scopiazzare qualcuno dei suoi colleghi più rinomati. Al suo fianco Josh Elmore è la figura che incarna maggiormente la furia e la velocità della band californiana. Se vogliamo ancora più di Dave McGraw che pure si batte come un ossesso dietro le pelli pur di seguire Derek Engemann nelle sue linee di basso fuori di testa. Tutto divertente lo sappiamo ma adesso i Cattle Decapitation non sono più solamente divertenti. Non pensano più solamente a stupire con miracoli tecnici e virtuosismi estremi. La loro evoluzione li ha portati a maturare nel songwriting e riuscire a focalizzare – con l’aiuto di Dave Otero che vanta collaborazioni con Allegaeon e Cephalic Carnage - una certa struttura compositiva che potesse distinguerli dalla concorrenza. Il legame delle liriche con l’oceano trasmette un profondo senso di depressione con parti brutal, doom e addirittura black metal che si alternano a meccanismi pre-industriali che esaltano la natura ferale di ‘Clandestine Ways (Krokodil Rot)’ e ‘Pacific Grim’. Alla realizzazione di quest’ultima ha contribuito Jürgen Bartsch dei Bethlehem mentre Phil Anselmo ha prestato la sua ugola per ‘The Prophets Of Loss’.