I finlandesi non cessano di stupire e confermano la loro superiorità assoluta con un altro full length stratosferico che si integra alla perfezione con un altro capolavoro come ‘Circle’. Dopo la conclusione della trilogia che li ha riportati alle vette del panorama internazionale, essersi sottoposti alle cure di Peter Tägtgren ed avere celebrato nel migliore dei modi il ventennale di ‘Tales From The Thousand Lakes’ la band originatasi dalle ceneri di Violent Solution e Abhorrence non ha perso tempo e si è chiusa in studio con Jens Bogren per realizzare una delle sue opere più complete di sempre. La scelta è ricaduta sul produttore svedese non solo per devolvere ad un personaggio di indiscusse qualità il compito di selezionare il materiale più meritevole ma anche per staccarsi, almeno per qualche settimana, dal proprio ambiente e potere di conseguenza respirare un’aria di creatività durante il processo. Il risultato è una manciata di canzoni che vedono ancora una volta protagonisti il tastierista Santeri Kallio ed i chitarristi Esa Holopainen e Tomi Koivusaari e si assestano in bilico tra il lavoro precedente ed il classico ‘Elegy’. Tomi Joutsen è sempre più saldo al posto di comando ed il suo growl sta scrivendo pagine di storia oltre a rendere estremamente dinamica la proposta dei vecchi membri, evolutasi non poco a partire da ‘Far From The Sun’. Una novità importante è rappresentata dalla consistenza degli ospiti chiamati ad impreziosire la scaletta tra cui spiccano Chrigel Glanzmann degli Eluveitie, l'ex Opeth Martin Lopez e Aleah Standbridge dei Trees Of Eternity. Anche grazie a loro la fusione tra death metal e tradizione folk così come l’utilizzo di voci femminili sono magistrali. Sono sufficienti pochi ascolti per capire che ‘Death Of A King’ e ‘Dark Path’ si distinguono come due manifesti di una formazione inarrivabile per chiunque qualsiasi sia il punto di vista dal quale si finisce per osservarla. La sezione ritmica è disumana, le linee melodiche mai banali e dotate di un corpo solidissimo, gli assoli di chitarra da brividi e la caratura degli arrangiamenti sempre più pregevole. Prog e psichedelia vengono aggiunti in quantità misurate, i riff di ‘Bad Blood’ faranno impazzire i fedeli discepoli della band, ‘Sacrifice’ sembrano appartenere alle sessioni di registrazione di 'Skyforger' ed infine ‘Tree Of Ages’ potrebbe essere scambiato per un pezzo di 'Origins'. Prendete poi da una parte ‘The Skull’, heavy e tecnica, e dall’altra ‘White Night’, delicata e sensuale, e capirete come siano numerose le anime che supportano una realtà per cui è diventato complicato spendere parole positive o trovare termini di paragone. Le nuvole piangono sangue e gli Amorphis, all'epoca di 'The Karelian Isthmus' come ora, sono lì immobili, glaciali ed imperterriti, a fissarci con lo sguardo epico dei guerrieri consapevoli che la loro mente non ammette repliche in quanto ad intelligenza e lungimiranza.