Un’opera eccellente in tutte le sue sfumature quella con cui il gruppo doom batte il quarto colpo in carriera. Anzi, più che colpo dovrei dire rintocco di campana perché ogni passaggio è caratterizzato da un solenne accento funebre che accompagna tematiche decadenti legate ai maligni flussi dell’oceano. Stavolta il concept è stato sviluppato da una novella di William Hope Hodgson, risalente ai primi anni dello scorso secolo, ed i tedeschi hanno concesso alle stampe il loro lavoro più vario e malinconico. In ‘The Boats Of The Glen Carrig’ troviamo infatti un pezzo diretto e dinamico come ‘Like Read Foam (The Great Storm)’ così come la coraggiosa ballata in chiusura, ‘The Light In The Weed (Mary Madison)’, che in pochi si sarebbero attesi. L’apice viene in ogni caso raggiunto in coincidenza di ‘The Weedmen’ che non ho alcun timore di definire un eccezionale approdo artistico per chi ha impostato la propria carriera su basi underground e non ha certo pretese commerciali. A partire dalla copertina di Sebastian Jerke, una via di mezzo tra la scena progressive di Canterbury ed i Tool di ‘Lateralus’, gli Ahab ci trasmettono un profondo senso di familiarità, Daniel Droste è migliorato notevolmente e la sensazione è che con una buona assistenza da parte dell’etichetta la fanbase potrebbe allargarsi in maniera definitiva.