Chiamatemi pure nostalgico ma la prima volta che ho visto i norvegesi dal vivo non ero ancora maggiorenne e vi assicuro che ricordo quel concerto come se fosse ora. I Motorpsycho non erano conosciuti da molti e, sebbene la loro discografia impressioni per qualità e continuità, non lo sono nemmeno adesso. I Motorpsycho avevano un'attitudine da garage band eppure dimostravano una conoscenza spaventosa in ambito psichedelico e quell'attitudine non è affatto mutata. Con gli anni si sono aggiunte influenze prog e jazz, le contaminazioni si sono fatte più frequenti e le sperimentazioni più ardite ma nulla ha inficiato lo spessore dei loro dischi. Ancora una volta Bent Sæther e Snah si superano con un'opera concepita per il centenario del Norwegian Technical Museum insieme a Ståle Storløkken, che aveva già contribuito alla realizzazione di 'The Death Defying Unicorn'. Al loro fianco troviamo sempre il drummer Kenneth Kapstad e Thomas Henriksen che con i suoi synth ha di fatto saldato il legame tra le recenti intromissioni in ambito fusion ed il songwriting di capolavori come 'Demon Box' e 'Timothy's Monster'. 'Lacuna/Sunrise' potrebbe essere un pezzo dei Porcupine Tree o degli ultimi Anathema tanto sono la devozione per i Pink Floyd e la leggerezza dell'arrangiamento. A livello di estro gli apici sono sicuramente lo strumentale 'Running With Scissors' e 'Spin Spin Spin', reprise degli H.P Lovecraft, leggendaria psych band guidata da George Edwards che a sua volta aveva realizzato una cover del folk singer Terry Callier. Se però volete i Motorpsycho più stoner, acidi e virulenti ecco le portentose cavalcate elettriche 'I.M.S.' e 'Big Black Dog'. Roba da perderci la testa.