Il pregio più grande del ritorno dei Redemption coincide con la scelta di Nick Van Dyk di proporre pezzi molto vari tra loro e non cadere mai in passaggi superficiali o cali di tensione. Il difetto principale è invece quello di apparire un album tremendamente finto e costruito al computer. Ray Alder è un cantante eccezionale ed è evidente come la mente del progetto abbia scritto i brani per la sua voce e pensando a quello che è stato il suo ruolo nei Fates Warning. Sono sufficienti un paio di pezzi per farci dimenticare 'This Mortal Coil' e, considerata la pochezza del materiale progressive-power metal che sta uscendo di questi tempi, non mi stupirei di un riscontro superiore alle aspettative. 'Hope Dies Last' e 'That Golden Light' sono forse i migliori esempi del songwriting ricercato del polistrumentista californiano. L'assenza di Bernie Versailles, fermato da problemi alla salute, non pesa nell'economia globale del suono della band e i ventidue minuti di 'At Day's End', che vedono la presenza di Chris Poland e Simone Mularoni come nella title track e in 'Slouching Towards Bethlehem', valgono da soli il denaro speso. Altri ospiti d'eccezione sono Marty Friedman che illumina 'Damaged', alla resa dei conti il pezzo che rimane più in testa, Chris Broderick e John Bush, notevole nella reprise di ' Love Reign o’er Me' dei The Who.