In queste settimane sono rimasto in assoluto silenzio. Ho letto commenti stupidi e titoli terribili su come Stephen Carpenter non avrebbe voluto suonare su quest'album o sulla direzione sonora che Chino Moreno avrebbe preferito seguire a dispetto del volere degli altri membri. Mi sarei potuto divertire ma sono del parere che l'arte debba sempre avere l'ultima parola e così sarà anche stavolta. Ho mandato giù e sono stato in silenzio perché, a differenza della maggioranza degli autori di tali congetture, avevo già ascoltato 'Gore' e di conseguenza saggiato lo spessore del successore di 'Koi No Yokan'. Il legame tra i due lavori in studio è evidente e forse, banalmente, si potrebbe concludere che, nello specifico, si è voluto rendere ancora più ossessive e oscure alcune soluzioni sperimentate nell'immediato passato. In realtà 'Gore' è molto più complesso e ha subito numerose revisioni, non tanto perché i membri non si sarebbero trovati d'accordo sulla sua effettiva qualità quanto perché la produzione di Matt Hyde, spesso refrattario alle scelte comuni e in dissidio con le band con cui ha lavorato, meritava un'analisi più lunga. Alla fine si è deciso di procedere con questi suoni e devo ammettere che forse solo Terry Date avrebbe potuto fare meglio. Siamo al cospetto di undici canzoni dark, tecniche, atmosferiche ma allo stesso tempo selvagge, tribali e devote all'impianto crossover che ha sempre contraddistinto una carriera incredibile. Dark come direbbe Peter Murphy e non come cercano di manifestarsi i decini di cloni dei Joy Division che invadono le classifiche. Tecniche perché oltre alla lungimiranza è proprio la tecnica che ha dato modo ai californiani di distinguersi nella melma nu metal quando le riviste specializzate non parlavano di altro. Potrei citarvi il bass VI di Sergio Vega o il programming di Frank Delgado che si conforma alla perfezione col drumming esclusivo di Abe Cunningham ma finirei per annoiarvi. Atmosferiche perché Team Sleep e Crosses hanno fatto definitivamente emergere la tendenza del frontman a privilegiare mirabili soundscapes sonori rispetto a stacchi hardcore vecchio stile. Qualcuno si soffermerà sul guitar work e gli spasmi vocali dei singoli 'Prayers/Triangles' e 'Doomed User', per chi scrive una delle tracce più eccitanti composte negli ultimi anni, ma 'Gore' ci regala anche le contaminazioni elettroniche di 'Acid Hologram' e 'Xenon' così come l'aggressività di '(L)MIRL' e 'Rubicon'. 'Hearts And Wires' sembra essere un seguito di 'Sextape' mentre 'Geometric Headdress' e la title track potrebbero uscire tranquillamente dalle sessioni di registrazione di 'Diamond Eyes'. Un'altro climax assoluto è rappresentato da 'Phantom Bride' che vede la collaborazione di Jerry Cantrell degli Alice In Chains e che in sede live promette di diventare devastante almeno alla pari delle anteprime circolate su internet. Fidatevi del mio consiglio e date retta al cuore. Lasciatevi andare all'ennesimo masterpiece dei Deftones, un album differente che ha permesso a questa band straordinaria, aliena a quanto i media culturali tentano di imporci da decenni e di riflesso proveniente da un altro pianeta, di espandersi ulteriormente in attesa che il revival colpisca anche in ambito alternative metal.