Non si può certo dire che i Blink-182 siano la mia band preferita. Al contrario, diversi dischi del passato non li ho nemmeno ascoltati tanta era la sciatteria commerciale attorno al trio californiano. Dopo il discusso 'Neighborhoods', con cui si era cercato di trasmettere un'immagine più adulta, Tom DeLonge se n'è andato creando una grossa spaccatura e, almeno inizialmente, la scelta di sostituirlo con Matt Skiba aveva diviso il pubblico. Adesso, al cospetto di queste sedici tracce, accompagnate dal magnifico artwork dell'artista di strada D*Face, devo ammettere che la decisione di puntare sul frontman degli Alkaline Trio si è rivelata azzeccata e addirittura in grado di dare inizio ad una nuova era. C'è convinzione nei Blink-182, c'è determinazione in un songwriting che naturalmente non inventa nulla ma prende il punk degli anni novanta e lo trasporta ad oggi con suoni moderni, realizzati con John Feldmann ai Foxy Studios di Woodland Hills, e cori puntuali come la dichiarazione delle tasse. Travis Barker è sempre una certezza dietro le pelli e anche Mark Hoppus sembra vivere una nuova giovinezza con 'Bored To Death', 'She's Out Her Mind' e 'Kings Of The Weekend' che sembrano scritte appositamente per mettere in evidenza il suo basso. A parte un paio di filler e la trascurabile ballata 'Home Is Such A Lonely Place' un ritorno veramente inatteso su questi livelli. Vista la crisi non credo che la cifra di cinquanta milioni di copie vendute finora in tutto il mondo verrà aumentata di molto ma se cercate del buon pop punk questo album vi sorprenderà.