In nome del verbo sabbathiano i norvegesi hanno compiuto una svolta decisa pubblicando il loro lavoro in studio più completo e ambizioso in un periodo di transizione per la scena scandinava. Il successore di 'Delusions Of Grandeur', con il quale si erano già avvicinati a territori più rock, è caratterizzato da una cura maniacale delle armonie vocali, retaggi prog e psichedelici ma soprattutto un'immediatezza melodica che a tratti ricorda quella dei Ghost. Anche se 'I' è uscito ben prima di ‘Opus Eponymous’ è evidente che i Sahg abbiano apprezzato l'evoluzione dei colleghi così come sono evidenti i tributi ai Pink Floyd di 'Black Unicorn' ed agli Enslaved di 'Blood Of Oceans', che vede il ritorno di Einar Selvik, ora nei Wardruna. Non solo Olav Iversen non aveva mai mostrato tanto coraggio, vocalmente parlando, ma ingresso in line-up del chitarrista Ole Walaunet e del drummer Mads Lilletvedt ha trasmesso energia agli altri membri e il risultato è un tessuto strumentale equilibrato e potente alimentato da arrangiamenti raffinati e nostalgici per il periodo d'oro dell'analogico. Le registrazioni si sono svolte ai Duper e Solslottet Studios di Bergen sotto la supervisione di Iver Sandøy che si è occcupato anche delle backing vocals. Da segnalare l'up tempo 'Devilspeed', le letali 'Take It To The Grave' e 'Sanctimony', sette minuti e mezzo che vi manderanno fuori di testa, e una '(Praise The) Electric Sun' che denota una superiorità imbarazzante.