A otto anni di distanza da 'Death Magnetic' la thrash band più famosa di tutti i tempi torna nei negozi con un doppio album che conferma il discreto stato di forma e investe con una quantità imponente di materiale gli appassionati, sparsi per il globo intero. A lungo andare la ripetizione di certe soluzioni potrà apparire pesante e per questo vi consiglio di non lasciarvi tradire dal primo ascolto ma analizzare le diverse parti di 'Hardwired... To Self-Destruct' in tutte le loro sfumature. Premesso questo il decimo lavoro in studio dei californiani, prodotto da Greg Fidelman, vive di alti e bassi con alcuni up tempo che cercano di evocare la memoria di 'Kill'em All' e 'Ride The Lightning' e diversi episodi che risultano più strutturati ed arrangiati soprattutto nella seconda parte. L'impatto iniziale è deflagrante, la registrazione live oriented ed un mixaggio stratosferico permettono di godere appieno della determinazione e dell'esperienza di quattro musicisti che hanno scritto la storia. 'Atlas, Rise!' e 'Halo On Fire' valgono da sole l'acquisto, James Hetfield ringhia come se non ci fosse un domani e il basso di Robert Truijllo risulta spesso in evidenza. I suoni di batteria si rivelano decenti, credo che il terrore di risentire il ciarpame di 'St. Anger' ci accompagnerà fino alla tomba, e dispiace vedere Kirk Hammett così in disparte. Il chitarrista regala un paio di assoli di qualità ma per il resto si limita ad eseguire gli ordini in un contesto che probabilmente non gli è più familiare. 'Confusion' cita i Diamond Head, 'Murder One' è un tributo ai Motörhead di cui non avevamo bisogno e i pezzi che completano il secondo disco sembrano meri riempitivi sulla falsa riga di 'Re-Load' che altro. Considerato il valore dei singoli possiamo concludere che ci sarà da divertirsi anche stavolta in tour.