Negli ultimi tre lustri l’imponente seguito che la scena black metal norvegese era riuscita a costruirsi si è quasi del tutto dissolto e solo poche entità hanno saputo mantenere un profilo consistente. Tra queste sicuramente i Darkthrone che ultimamente hanno preferito rivolgere lo sguardo alle influenze classic metal della loro adolescenza piuttosto che scimmiottare quello che facevano, con ferale convinzione e scarsi mezzi, ad inizio carriera. Ormai Fenriz e Nocturno Culto non sono più gelidi ed efferati come agli albori degli anni novanta quando, di fatto in un paio di inverni, misero le basi per una lunga carriera. Il paventato ritorno alle origini, dopo avere abbracciato uno speed canonico e divertente, è probabilmente in atto eppure ritengo improbabile che possa portare a risultati considerevoli. Intanto perché il pubblico è cambiato e non si scomporrà alla notizia che le registrazioni si sono svolte al Bomb Shelter, la mitica sala prove utilizzata prima di dare alle stampe ‘Soulside Journey’. In secondo luogo perché il black non ha più una comunità immediatamente risconoscibile alla quale direzionare le proprie invettive. ‘Arctic Thunder’ è in ogni caso un disco che non passerà inosservato, ricco di eccellenti riff e vario dal punto di vista ritmico. ‘Tundra Leech’ cita i Dream Death e, non fosse per il cantato disperato di Nocturno Culto, ‘Burial Bliss’ e ‘Inbred Vermin’ sarebbero due pezzi punk mentre ‘Boreal Fiends’ tenta di riportarci alla mente ‘Transilvanian Hunger’ o ‘Under A Funeral Moon’ puntando però su una produzione nitida e atmosfere febbrili.