A chi mi chiedesse se percepisco delle differenze sostanziali tra ‘No Grave But The Sea’, il precedente ‘Sunset On The Golden Age’ e gli altri album degli scozzesi risponderei che sarebbe più facile che al posto delle petroliere tornassero veramente i vascelli dei pirati. Riferimenti alla serie televisiva Black Sails ed alle novelle di Robert Louis Stevenson a parte, gli Alestorm proseguono imperterriti nella loro direzione caratterizzata da un folk metal alcolico con cori improbabili, liriche al limite del blasfemo (‘Fucked With An Anchor’ e ‘Rage Of The Pentahook’) e passaggi strumentali roboanti e più tecnici di quanto si possa pensare. Gli ex Battleheart, a partire da ‘Captain Morgan’s Revenge’, hanno saputo costruirsi una solida fanbase e, col supporto di un’etichetta discografica forte come la Napalm, sembrano in grado di togliersi ulteriori soddisfazioni. Di sicuro ‘No Grave But The Sea’ non è il disco che porterei in un’isola deserta eppure ‘Mexico’ e ‘Alestorm’, con il frontman Christopher Bowes sapientemente supportato dalle tastiere di Elliot Vernon, divertono e convincono quanto basta per non bocciarlo di principio.