‘Stealth’ è un disco monolitico, come se tu avessi voluto salire su un caterpillar e guidare su una strada rettilinea per 49’ senza neppure considerare l’ipotesi di fare una sosta. È questa (o qualcosa di simile) l’idea che avevi in testa prima di registrare il disco?
Ho deciso di sviluppare il nuovo disco secondo coordinate minimali e fondamentalmente “straight to the point”, d’altronde non sono uno che lavora troppo con editing multipli e con trucchi digitali di vario tipo, mi piace ridurre le cose ai minimi termini e concentrarmi strettamente su una solida e pesante base di bassi e beat e poi aggiungere i soundscape e le melodie al di sotto di queste stratificazioni. Volevo assolutamente produrre un disco che suonasse Scorn in tutto e per tutto. Sono ancora molto influenzato dalla vecchia musica, la vecchia jungle, il vecchio drum’n’bass, la vecchia techno, la vecchia musica elettroacustica.
Sembra quasi che tu abbia voluto fornire una versione “doom” del dubstep...
Quel termine (si riferisce al dubstep, nda) mi fa ridere; chi ha inventato quella parola? Io non sono assolutamente interessato ai generi, Scorn è Scorn (e su questo non ci sono dubbi, nda). “Slow heavy bass heavy beat and drones and soundscapes”. Il basso “dondolante” è stato sovente usato da Scorn in passato e proviene dal drum’n’bass e dalla jungle. Per quel che mi riguarda non vedo qualcuno della cosiddetta dubstep crew prendere appunti su ciò che faccio io, perché non è digitale e sufficientemente pulito e con pochi preset per i loro gusti…! All’interno del dubstep ci sono troppi suoni ripetitivi; io l’ho ascoltato e ti assicuro che sono emerse alcune buone idee, ma troppo pulite ed eccessivamente digitali per suscitare il mio interesse…!
Eri più interessato a costruire un mood o un suono?
Il mood è molto, molto, molto importante e lo è sempre stato!
Hai voluto sviluppare un disco dove ritmi lenti e opprimenti, bassi profondi e ultra low e atmosfere post metropolitane fossero in grado di indurre sensazioni ipnotiche e terrificanti?
Penso proprio che stessi cercando di ottenere qualcosa del genere.
Ho scritto che al temine dell’ascolto di ‘Stealth’ ci si ritrova senza speranza, come se non rimanesse nulla, solo il vuoto, ogni cosa è stata catturata dal suono…
Ho finito le registrazioni del disco pensando che lo odiavo e che avrebbe potuto essere fatto molto meglio e allo stato attuale della sua evoluzione posso dirti che lo preferisco per come rende dal vivo che non su CD, perché riesco a perdermi meglio in quel tipo di suono…
Cinque anni per la realizzazione o un lungo periodo di silenzio creativo e poi hai iniziato a lavorare per Scorn?
Era solo arrivato il momento giusto; sono stato molto produttivo nel corso dell’ultimo anno e così ho mosso il culo e ho realizzato il nuovo disco di Scorn e altri due 12”. A questo punto sono pronto, per il prossimo anno, per cercare di rilasciare un lavoro di Scorn ancora migliore e raggiungere così il mio obiettivo.
Quale legame comune puoi sottolineare, considerando tutte le pubblicazioni di Scorn, in 16 anni di carriera?
Credo che tutto quanto fatto sia rilevante; è stata una progressione, ma riuscendo sempre a mantenere l’idea originale viva, che è quella di costruire una spina dorsale caratterizzata da bassi e beat grossi, ciclici e come se fossero dei mantra e avviluppando il tutto in soundscape. Ritengo che quella sia ancora un’idea buona e non la cambierò, mi rifiuto.
Cosa mi dici del Mick Harris che è di nuovo un “batterista umano”?
Ci sto lavorando parecchio e sto collaborando pure con John Zorn e Bill Laswell per un nuovo disco di Painkiller. Ho estremamente apprezzato i due concerti che ho tenuto con i Black Engine (grandi ragazzi e grandi musicisti), ma alcuni problemi mi impediscono di andare in tour con loro, e la qual cosa mi fa veramente incazzare, sono stanco di dovere aver a che fare con problemi di salute mentale. È stato bellissimo lavorare con loro, mi sono trovato molto bene e mi ha aiutato a riprendere sicurezza in me stesso; forse registrerò qualcosa per il prossimo disco. L’idea era quella di essere il batterista aggiunto per i concerti, in modo tale da rendere il suono più pieno e corposo; Jacopo (Battaglia, drummer degli Zu, che sono parte di Black Engine assieme a Eraldo Bernocchi, nda) mi uccide come batterista, perché è molto più bravo e ha raggiunto uno stadio di conoscenza superiore, ma lavoriamo bene insieme. È stato Eraldo a invitarmi a suonare con loro dopo averne parlato con gli altri ragazzi. Mi sento davvero molto male per non aver potuto essere al loro fianco durante il tour.
Non hai il desiderio di suonare di nuovo in una band grind?
No, anche perché come potresti pensare di fare qualcosa di meglio della line up dei Napalm Death con cui registrammo ‘From Enslavement To Obliteration’. È impossibile, quei giorni sono nella mia memoria per il resto della vita.
Cosa è passato per la tua testa quando hai varcato la soglia tra il metal e la musica elettronica?
Mi ero stufato di quel tipo di musica e avevo bisogno di affrontare una nuova sfida; molto semplice.
Sei più interessato a sperimentare con i suoni, gli strumenti e le strutture? O vuoi scoprire qualcosa di nuovo? O approfondire ciò che hai fatto in passato?
Mi piace giocare con i suoni, non sono una persona che utilizza i preset. Voglio mescolare e manipolare i suoni il più possibile, però sono sempre alla ricerca di nuove idee rimanendo all’interno di quello che è il raggio d’azione di Scorn. Se guardo ad alcuni dei progetti e delle collaborazioni che mi hanno impegnato in passato mi rendo conto che non tutti sono adeguati, perciò preferisco concentrarmi su ciò che conosco meglio e quello è Scorn. L’approfondimento? Sempre, è una costante del mio lavoro.
Quanto è cambiato il tuo approccio nel corso degli anni?
Non molto a voler essere onesto. Ho utilizzato alcuni software, ma non in maniera determinante, d’altronde non vedrai mai Mick Harris produrre editing di editing senza fine e fare ricorso a blocchi preconfezionati di file audio. A me piace portare il sound della tastiera dentro il sequencer e non lasciare che le macchine lo portino fuori. Se è una cosa che non posso suonare non mi interessa. Amo ancora l’hardware e metterci le mani sopra; non sono di certo un fan del suono digitale pulito e ne sento sin troppo nella musica odierna, dove non c’è ruvidezza e per uno come me, che è cresciuto con il punk e che ce l’ha nel cuore, non va bene.
Weakener, Lull e Quoit; tutti capitoli chiusi?
Mi piacerebbe poter fare qualcosa come Lull, così come vorrei ripetere l’esperienza delle ‘Hednod Sessions’, mentre gli altri sono tutti andati, capitoli chiusi.
La musica è una passione, una ragione di vita, un mezzo artistico per esprimere te stesso, un processo catartico, una questione tecnologica o cos’altro?
È stata la mia vita per troppo tempo, anche solo per ricordarmelo, però amo ancora maneggiare i suoni e produrre i bassi e i beat più grandi che riesco. Mi piace suonare dal vivo, “blast a good sized sub bass PA system”! Inoltre mi piace pescare sulle rive di un oscuro fiume solitario, da solo, lontano da chiunque e intendo dire chiunque.
(parole di Mick Harris)