Come vi siete formati?
L’obiettivo iniziale era quello di realizzare una sorta di post rock elettronico poi ci siamo evoluti molto ed infatti se ascolti ‘Plvs Vltra’ è tutt’altra cosa. Abbiamo iniziato sette anni fa. Io, Claudio e Andrea, l’ex collega, avevamo tre progetti solisti e ci siamo incontrati ad una serata che abbiamo fatto insieme. Ci piacevamo le nostre cose e man mano siamo arrivati a comporre un’elettronica più ballabile, a tratti una specie di techno-ambient, anche se non eravamo partiti così.
Sono cambiati gli obiettivi nel frattempo?
No, non sono cambiati. È cambiato il sound e con esso i setup dal vivo. Avevamo la batteria acustica poi abbiamo optato per qualcosa di totalmente elettronico. Adesso il setup è tutto digitale mentre fino al tour di ‘Propaganda’ avevamo anche delle contaminazioni analogiche con dei synth.
Vi ritenete un gruppo post rock che fa elettronica o al contrario un gruppo elettronico che fa post rock?
Siamo un gruppo con origini e influenze post rock che desidera fare elettronica. Magari col prossimo album cambieremo ancora.
Di italiano avete veramente poco. La produzione è assolutamente competitiva con l’estero. Su quali mercati puntate maggiormente?
Questo era il nostro obiettivo principale. Ascoltiamo molta elettronica internazionale e quindi era probabile che ci spostassimo su certe sonorità. Per cultura il sound si presta più a quello che esce all’estero. Da noi l’elettronica è più varia, cerca di essere originale ma in realtà riprende elementi da altri generi come afro o funk. Realtà come Apparat o Aphex Twin non si trovano dalle nostre parti.
A livello di produzione vi siete ispirati a qualche album in particolare?
La gestazione di ‘Plvs Vltra’ è stata molto lunga. Col tempo sono subentrate delle ispirazioni che ci hanno spinto a modificare i pezzi. L’album era pronto un anno prima dell’uscita ma l’abbiamo totalmente stravolto. In teoria ci siamo remixati. ‘Multiverse’ per dire era un pezzo cantato. A livello di ascolti influenze innegabili sono Moderat, Jon Hopkins, Thom Yorke, Atoms For Peace ma a parte certi riferimenti volevamo alleggerire e semplificare. ‘Propaganda’ era un album multistrato, con diversi sample, mentre alcune canzoni di questo lavoro hanno tipo cinque tracce e basta.
Avete registrato anche diversi remix interessanti. Mi vengono in mente Platonick Dive e Klimt 1918 e sono curioso di capire quanto cambia l’approccio in tale processo..
Per noi è un tributo nei confronti degli artisti che ci piacciono. Ci divertiamo molto e puoi lavorare in totale libertà creativa. In generale amiamo le collaborazioni, a partire da installazioni sonore, documentari o spot televisivi.
L’artwork dell’album è una sorta di oceano blu..
Desidera riprendere l’idea di sottrazione di cui parlavamo prima. Rispetto a ‘Propaganda’ è molto più semplice e legato ad elementi geometrici che poi sono arrivati a mostrare degli strati che si sovrappongono in relazione con ‘International Klein Blue’.
Quanto è difficile proporre musica di questo tipo dalle nostre parti?
É molto difficile. Il pubblico italiano ha una predisposizione all’ascolto di elettronica proveniente dall’estero e quindi rende complicata la promozione di realtà italiane. Tre-quattro anni fa c’era più attività mentre adesso diversi promoter hanno meno coraggio. Noi amiamo i club ma non siamo fissati con le presenze ai live e ci piacciono anche altre situazioni come il report su Coachella di Edoardo Tresoldi e Lipstick Portrait di Franz Cerami che ha usato un paio di nostre tracce.