-Core
Deflore
Italia
Pubblicato il 17/03/2008 da Roberto Michieletto

Com’è nata la band e quali obiettivi (a medio termine) vi eravate posti? Pensate di averli raggiunti?
La band è nata con nessun particolare obbiettivo. Ci siamo incontrati per un week end di improvvisazioni...due amici, due grandi ampli e una drum machine. All’alba del terzo giorno era tutto chiaro: “avevamo creato un mostro”... e questo mostro voleva vivere… lo abbiamo chiamato Deflore. Il nostro unico obiettivo era di fare della buona musica, qualcosa di originale e diverso, qualcosa che prima di tutto piacesse a noi!  Beh, a quanto pare ci siamo riusciti, grazie anche a persone dalle ampie vedute come Davide (Subsound Records), che hanno reso pubblica la nostra opera e ci hanno supportato in questi anni.
È l’ego che vi guida…? In sostanza: potete spiegare il titolo del disco?
Il nostro ego è grande… come il nostro suono... e penso che si senta nelle tracce, ma ‘Egodrive’, come molti titoli dei nostri brani e album, è una parola inventata. Ci è sempre  piaciuto giocare con le parole, immagina una fusione di Ego + Overdrive = Egodrive, ovvero l’ego con l’overdrive. Ma qualsiasi interpretazione è ben accetta!
Rispetto a ‘Human Indu[b]strial’ il suono si è fatto meno spigoloso, ma più definito e più vario e la scrittura si è personalizzata. Quali altre prerogative e differenziazioni vorreste evidenziare, dal momento che avete vissuto in prima persona tutto il processo di creazione e le scelte fatte?
Il nuovo disco si caratterizza fondamentalmente per pezzi più brevi e decisi. L’intenzione era quella di sintetizzare tutti gli aspetti del suono Deflore in composizioni più “dirette”,  facendo inoltre emergere un certo gusto melodico che nel precedente album era stato relegato a un livello più “sotterraneo”. Una maggiore consapevolezza dei mezzi elettronici maturata in questi anni ha poi fatto il resto: ‘Egodrive’ è un disco sicuramente più “elettronico” rispetto ‘Human Indu[B]strial’. Durante la composizione delle tracce contenute in ‘Egodrive’ abbiamo ampliato l’utilizzo di sintetizzatori analogici e sampler per la costruzione e il supporto delle melodie basate su chitarra e basso e abbiamo lavorato sulle ritmiche al fine di renderle il meno "umane” possibile.
Come affrontate la composizione dei brani? Vi occupate prima della struttura, partite da un riff o cos’altro?
Ogni pezzo ha una genesi differente: generalmente il processo creativo inizia in fase di improvvisazione, che è l’elemento più importante, e segue poi percorsi non sempre ben definiti finché il tutto non prende una sua fisionomia certa. Di solito si improvvisa fino allo sfinimento, cercando sempre di registrare tutto, una volta individuato il giusto groove,  si ricomincia a suonare e improvvisare su quello, e così via. Improvvisazione, riascolto, lavorazione e improvvisazione, una situazione che potrebbe durare all’infinito. Solo dopo aver composto la maggior parte della song affiniamo i particolari e curiamo maggiormente l’arrangiamento inserendo ulteriori elementi come sample e synth.
Qual è l’aspetto più interessante, dal punto di vista creativo e musicale, nel mescolare strumentazione tradizionale (basso e chitarra) con apparecchiature elettroniche?
L’uso massiccio dell’elettronica ci permette di inserire suoni “non musicali”, creare particolari dissonanze, lavorare su ritmiche inumane, complesse e sovrapposte. L’ampia scelta di sonorità per quanto riguarda la parte ritmica influenza fortemente il nostro suono rendendolo più massiccio e definito permettendoci di poter utilizzare i nostri strumenti “tradizionali” in maniera non convenzionale. Grande potenza e infinite possibilità creative.
Cosa desiderano veicolare i Deflore con la propria musica?
Consideriamo la nostra musica stratificata, leggibile su più livelli e quindi adatta a trasmettere diversi stati d’animo, dall’angoscia a sensazioni oniriche, dalla furia omicida al post-coito. Un ottimo riferimento potrebbero essere le sensazioni trasmesse dal regista David Lynch nei suoi film (‘Eraserhead’, ‘Lost Highways’, ‘Inland Empire’).
Metal, industrial, post rock e psichedelica; questi gli ingredienti generici che stanno alla base del vostro suono. In quale misura vi hanno ispirato, influenzato e magari condizionato?
Nessuna influenza, niente ispirazioni da qualcosa o qualcuno.  Ciò non toglie ovviamente che la nostra musica risenta in qualche modo dei nostri ascolti, che sono particolarmente differenti. La nostra musica e il nostro approccio sono “spontanei” nel senso che non siamo in grado di decidere consciamente la direzione da prendere, la musica fluisce per suo volere e noi lasciamo che sia così.
La dualità uomo/macchina è una tematica che volete affrontare anche al di fuori del contesto dei suoni? Con i testi, la grafica,   ecc.? Avete un concept complessivo?
La dualità uomo/macchina è il tema portante del discorso musicale che facciamo, è il tentativo di fondere a caldo questi due elementi che per noi hanno pari rilevanza. L’elemento grafico non riveste un ruolo di primissimo piano, è la musica che conta. Prima arrivano le vibrazioni e poi le immagini. Cerchiamo di mantenere un concept grafico strettamente legato alla nostra musica, che ci rappresenti come noi ci vediamo. Per questo motivo lavoriamo in prima persona al materiale promozionale che circolerà sul web e sulla carta stampata. Abbiamo invece lasciato a mani più abili e sapienti la realizzazione degli artwork ufficiali.
Per quale ragione avete deciso di collaborare con Erol Unala e Petulia Mattioli?
La collaborazione con Erol Unala, è nata da un suo commento sulla nostra pagina di myspace (che ci ha ovviamente esaltato), ci siamo scambiati un po’ di mail e complimenti a vicenda, e visto che in quel periodo stavamo facendo la pre-produzione di ‘Egodrive’, gli abbiamo chiesto se voleva partecipare con delle tracce di chitarra su un nostro brano. Lui si è esaltato per la proposta... Noi più di lui!!!  Ci onora aver avuto la possibilità di collaborare con un artista del suo calibro. I suoi Apollyon Sun (band in cui militava anche Thomas Gabriel Fisher di Celtic Frost, nda) erano una band industrial-metal da noi molto stimata. Anche con Petulia Mattioli ci siamo incontrati sulla rete...a lei piaceva la nostra musica, a noi faceva impazzire il suo modo di rendere la musica in immagini… e così è stato... l’artwork che ha realizzato ci ha lasciato a bocca aperta. Ha sicuramente centrato il concetto di ‘Egodrive’, non poteva presentarci al mondo in modo migliore.
Come si concretizza il vostro essere una band in sede live? Riuscite a gestire tutto in due o allargate la line-up?
Il disco è essenzialmente la rappresentazione di quello che noi, in due, concretizziamo in fase live: due elementi sul palco a gestire basso, chitarra e diversi strumenti elettronici e non. Non sentiamo l’esigenza di allargare la line-up proprio perché vogliamo dimostrare la possibilità di suonare e gestire musica di una certa complessità senza elementi “umani” esterni. Se mai decidessimo di allargare la nostra line-up per i live, cercheremo di sicuro una persona in sintonia con il nostro pensiero, affinché possa diventare parte integrante del processo compositivo e quindi, non solo un turnista, ma bensì un Deflore.

(parole di Christian Ceccarelli e Emiliano Di Lodovico)

Deflore
From Italia

Discography
Human Indu[b]strial (2005)
Egodrive (2008)
2 Degrees Of Separation (2010)
Spectrum: Epicentre (2017)