In breve tempo avete dato alle stampe tre album. Cosa distingue ‘Requiem For Mankind’ dai lavori precedenti?
Questo è senza ombra di dubbio il nostro disco definitivo. Un album che abbiamo composto, registrato e prodotto dopo aver rotto ogni legame col passato. In questi anni ci siamo chiesti quale fosse l’identità sonora dei Memoriam e ‘Requiem Of Mankind’ è la risposta a questa domanda.
Il terzo album è quello della svolta e la regola vale anche per le band heavy metal.
Nessuno deve attendersi un album commerciale. Non scenderemo mai a compromessi. Non ci interessa vendere milioni di copie e siamo troppo pigri per andare in tour per mesi. La realtà è che scriviamo musica per noi stessi e per tutte quelle persone che credono ancora in un certo tipo di musica e di approccio.
Cosa è successo con Andrew Whale?
É uscito dalla band per problemi di famiglia. Ha dovuto prendersi del tempo e non si aspettava di tornare. Certe volte la vita ti pone davanti a delle problematiche che ti costringono a cambiare prospettiva sulle cose. Doveva essere una lunga pausa ed invece è stata più breve del previsto.
Come giudicate la transizione dai primi demo all’ultimo full lenght?
Abbiamo sempre fatto le cose seriamente. È logico che all’inizio non avevamo l’affiatamento di adesso. Ora le idee sono più chiare ed un disco come ‘Requiem For Mankind’ dimostra che sappiamo ancora divertirci e scrivere buona musica.
Ancora una volta l’artwork è stato realizzato da Dan Seagrave.
É un vero maestro. Grazie a lui siamo riusciti a dare alla trilogia una componente visuale. La copertina di ‘For The Fallen’ descriveva una processione funebre, quella di ‘The Silent Vigil’ rappresentava la deposizione della bara mentre questa mostra l’inumazione. È la chiusura di un ciclo che abbiamo immaginato al momento in cui abbiamo dovuto accettare la scomparsa di Martin "Kiddle" Kearns.
Che tipo di sound desideravate ottenere stavolta?
Più che ad un tipo di sound specifico abbiamo pensato allo studio migliore possibile. Il Parlor Studio di Russ Russell è veramente incredibile. Al suo interno c’è tutto ciò che serve per registrare un disco death metal perfetto. Quindi è la registrazione che ha fatto la differenza.
Cosa avete voluto trasmettere con le liriche?
Il tema principale è sempre quello dell’elaborazione del lutto ma le nostre canzoni affrontano pure temi sociali e politici. Se vuoi che la musica abbia un impatto forte anche le liriche lo devono essere.
Siete costantemente associati ai Bolt Thrower ed al brutal death. Ascoltate anche altri generi?
Ci tengo a precisare che fin dal primo momento abbiamo voluto essere una nuova band e quindi i paragoni a Bolt Thrower o Benediction sono comprensibili ma non giustificati. Molti di noi, come il sottoscritto, sono influenzati dal grind e dal punk di fine anni ‘80. Amo i Killing Joke e Jaz Coleman è il mio frontman preferito. Scott ama il progressive death ed in pezzi come ‘The Veteran’ puoi percepire anche l’influenza dei Pantera. Questo perché non siamo legati ad un modo specifico di cantare o suonare.
(parole di Karl Willets)