-Core
Jucifer
Usa
Pubblicato il 10/04/2008 da Roberto Michieletto

Ladies and gentlemen, from Athens (Georgia) the Jucifer. Change one letter and, directly from the hell of your heart, the mighty Lucifer will appear!!! In parole povere mi puoi raccontare la storia del vostro nome?
Diciamo che nel momento in cui l’abbiamo pensato era abbastanza insignificante, però poi è pur vero che è diventato quello che ci ha identificati e per certi versi ci definisce. Volevamo un nome che mescolasse elementi tra loro diversi come quelli di oscurità e tenebre da un lato e luce dall’altro. Probabilmente ci saremmo chiamati Iron Butterfly se non fosse già stato usato da altri!
Sembrate interessati a mescolare le differenze e gli opposti (celestiale e brutale, sogno e realtà, melodia e ruvidezza, spiritualità e carnalità). Con tutti questi contrasti e differenti suoni e stili non pensate di perdere coesione?
Amiamo mescolare e giustapporre suoni e sentimenti drasticamente differenti. Quella è la vita! Vivida e multidimensionale. Non vogliamo vivere in uno spazio confinato... siamo fisicamente e musicalmente dei nomadi. La coesione è determinata dal fatto che, ovunque ci troviamo, siamo sempre e comunque noi che viviamo quel luogo e quel suono. E naturalmente, le canzoni sono sempre tutte strettamente correlate per temi trattati.
Perché con ‘L’Autrichienne’ avete sviluppato un concept incentrato sulla Rivoluzione Francese e Maria Antonietta? Cosa vi interessa di quella rivoluzione? Considerate la vostra musica in qualche modo rivoluzionaria?
Trovo che la Rivoluzione Francese sia un perfetto, sgargiante e lampante esempio di quell’essere vivido che è proprio dell’esperienza umana. Dalla popolazione povera, rivoltosa e inferocita ai bambini falsamente biasimati, ingenui e insultati che la governavano, al male consumato dagli uomini che istigarono il colpo di stato e poi furono coloro i quali mieterono il raccolto nel periodo immediatamente successivo alla rapina, violenza e morte e ai pochi eroici che si opposero a loro. Percepisco che io stessa sono una rivoluzionaria. Non mi piace conformarmi alle leggi che certa gente mette sulla testa di altra gente; non mi vesto, non parlo, non mi atteggio e non creo rimanendo all’interno di confini, che sono null’altro che stereotipi. Dì di me ciò che vuoi, amami o abbandonami, ma io rimango comunque me stessa. Ti riporto la mia citazione preferita di questi ultimi tempi, da Andre Gide: “It is better to be hated for what you are, than to be loved for what you are not”. E per Edgar vale la stessa cosa con i suoi pensieri e convincimenti. In quanto band magari non saremmo unici in qualunque momento del nostro lavoro, sono sicura che paragoni possono essere legittimamente fatti per alcuni dei nostri brani e suoni singoli, ma se prendi tutto il nostro catalogo e ci aggiungi i nostri concerti (non esattamente una fedele riproduzione del disco), le nostre personalità e il nostro approccio alla cosiddetta “music industry” - il che significa essere al suo interno senza doversi mai piegare alle sue regole - capisci che vogliamo tracciare un percorso tutto nostro.
Cosa pensi quando qualcuno paragona i Jucifer ai White Stripes? Paragone assolutamente sbagliato, secondo me. Mentre, Amber, essere accostata a Debbie Harry, Jarboe o P.J. Harvey è più confortevole?
Nutro chiaramente un rispetto maggiore nei confronti delle ultime artiste che hai nominato, perché i White Stripes mi sembrano così “pianificati”. Ogni qual volta ci si trova di fronte a una band che veste con abiti che si abbinano gli uni con gli altri si ha sempre un po’ di sospetto, non trovi? So che quanto dico magari può sembrare poco cordiale, e comprendo allo stesso modo che altre persone possono guardare a noi e giudicare ciò che facciamo appariscente, mentre per noi è tanto estremamente serio quanto l’assoluta antitesi della ricerca del successo. Ma quella era la mia impressione. E poi anche la loro musica non è propriamente la mia tazza di te. Perciò in definitiva direi di sì, preferisco essere paragonata alle persone che percepisco essere parte di un’espressione artistica piuttosto che personalità o musicisti commerciali.
Quando scrivete una canzone o un disco sentite o percepite che state lavorando o state lasciando fluire la vostra visione artistica e i vostri sentimenti?
Il fluire è semplicemente la miglior cosa che ci sia sulla Terra.
Sei cresciuta ascoltando...?
Ho sempre ascoltato e letto qualsiasi cosa a cui abbia avuto accesso. Nessuna aderenza a categorie o stili; mi piace imparare, ascoltare e assaporare cose nuove. Ma la maggior parte della mia musica viene molto semplicemente da dentro me stessa. Sono stata parecchio sola per la prima parte della mia vita e la musica era il linguaggio che utilizzavo per parlare con me stessa.
Voi dite: "Nomads 4ever". Ma cosa comporta essere sempre on the road? Questa vita è la maggior ispirazione per la vostra musica?
Anche questo fa parte del voler tenere le nostre vite sempre fresche e interessanti. Non c’è mai monotonia, sebbene ci siano parecchie scelte da fare e situazioni difficili da conciliare, però si bilanciano con i momenti bellissimi che si possono vivere. Suppongo che la vita sia arte. L’arte di vivere ti rende forte al fine di essere un vascello per l’arte stessa.
Avete mai pensato che essere un gruppo di soli due elementi non sia sufficiente? Te lo chiedo anche pensando a possibili evoluzioni future di suono o dinamiche compositive.
It’s supremely satisfying for us! A volte mettiamo in piedi progetti paralleli, il che è interessante e differente, ma per noi, due è il numero perfetto. Chiunque altro rallenterebbe eccessivamente il nostro processo e probabilmente cercherebbe anche di manipolare la nostra visione, di cui siamo estremamente felici per come essa è!
Pensi che il contratto con Relapse Records vi abbia aiutati a oltrepassare una condizione estremamente underground e a raggiungere un’audience più vasta?
Spero proprio di sì! Ci sono così tante restrizioni nel lavorare con un’etichetta discografica, che un gruppo può solo sperare che loro facciano il proprio mestiere, il che significa far arrivare la tua musica a nuove e più persone. La Relapse è stata di grande aiuto in tal senso, anche perché è stata la prima delle nostre label a distribuire e promuovere i nostri dischi anche al di là dell’oceano e raggiungere persone come te.

(parole di G. Amber Valentine)

Jucifer
From Usa

Discography
Calling All Cars On The Vegas Strip (1998)
I Name You Destroyer (2002)
If Thine Enemy Hunger (2006)
L’Autrichienne (2008)