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Daspo
Italia
Pubblicato il 27/03/2020 da Lorenzo Becciani

Prima di tutto ho visto che sei amico di Lisen Rylander Löve, una musicista svedese che adoro..
(Giuseppe Pisano) Abbiamo suonato una volta insieme a Göteborg e mi piace molto come persona. Tra i miei vari progetti collaboro con una cantante di nome Harriett Ohlsson che si occupa di improvvisazione vocale ed è capitato di suonare tutti e tre insieme.

Come avete scelto il nome Daspo?
(Giuseppe Pisano) Daspo è un progetto nato dall’amicizia e dagli studi che ormai ci legano da sette anni con Davide. Quando eravamo in Olanda, ci siamo isolati in questa bellissima camera anecoica ed il nome del progetto è nato da un desiderio di estromissione; non ha niente a che vedere col calcio ma è una riflessione sulla tutela e sul rispetto di certe dinamiche sociali. In Norvegia, dove vivo da un po' di tempo, la musica di ricerca è prevista dallo Stato mentre in altri posti prevale un approccio più capitalista al fare arte che deve limitarsi quasi esclusivamente al puro intrattenimento. I musicisti che fanno ricerca vengono lasciati a loro stessi e, curiosamente, pur essendo il nostro un progetto nato diversi anni fa, il nome Daspo sembra scelto apposta in riferimento alla situazione attuale.
(Davide Palmentiero) Se guardi al periodo attuale, con tutti i concerti che vengono annullati, è evidente che siamo una categoria poco tutelata. Il problema è che lo siamo sempre stati e qualcuno se ne accorge solo adesso. In questi giorni si legge di provvedimenti nei confronti di tante fasce di popolazioni che non stanno lavorando ma per gli artisti al momento non è previsto nulla. Mancano strade, percorsi, dispositivi di tutela e, nello specifico, i musicisti elettronici, cosiddetti sperimentali, non godono nemmeno di alcune cose semplici di chi suona altri generi.

Qual è il vostro background musicale?
(Giuseppe Pisano) Ho suonato in tante band come improvvisatore e batterista, quasi sempre formazioni sciolte sulla falsa riga della modalità free jazz ma legate all’elettroacustica. Prima di Daspo non avevo sentito l’esigenza di creare qualcosa di “fissato”. Questo è sicuramente il mio primo output chiaro e definito.
(Davide Palmentiero) Sono un chitarrista e ho progetto di varia natura. Sono aperto a collaborazioni con altri artisti e mi sono affacciato alla musica di ricerca quando mi sono trasferito da Salerno a Napoli e ho conosciuto Giuseppe al conservatorio. Mi si è aperto un altro mondo e dal quel momento anch’io ho fatto parte di diverse formazioni liquide. Mi piace citare l’Officina Arti Soniche, un’orchestra elettroacustica, creata con altri studenti, con cui pratichiamo conduction e improvvisazione da circa cinque anni. Abbiamo realizzato concerti un po' ovunque, a volte anche con cento musicisti chiamati a suonare in contemporanea.

Perché avete registrato il disco a Utrecht?
(Giuseppe Pisano) Per motivi di studio ci siamo trasferiti. In Italia i conservatori sono quasi sempre legati a poli umanistici; naturalmente la musica elettronica riguarda la filosofia ma ha anche bisogno di supporti tecnici seri e quindi abbiamo sentito l’esigenza di imparare in un’istituzione che potesse fornici degli strumenti di cui non eravamo in possesso.
(Davide Palmentiero) A Utrecht abbiamo trovato questa camera anecoica, una struttura completamente insonorizzata adiacente all’edificio scolastico. Tecnicamente è una sorta di griglia sospesa nel vuoto con materiale assorbente a 360 gradi, sospesa con un’intercapedine con delle molle per ridurre a zero le vibrazioni esterne. Con microfoni e strumenti abbiamo creato degli spazi virtuali e chiuderci lì dentro per ore ci ha trasmesso delle sensazioni stupende.

A livello di strumentazione cosa avete utilizzato?
(Giuseppe Pisano) Il nostro set up di improvvisazione dell’epoca con scatole e strumenti autocostruiti in maniera molto DIY. Accanto alla camera c’era una segheria dove ci siamo sbizzarriti. Davide aveva la sua chitarra preparata e diversi sintetizzatori.

Quale pezzo scegliereste per presentare il vostro progetto?
(Giuseppe Pisano) Fosse per me, mostrerei un nostro live. Per noi il suono del disco è qualcosa di fermo, nel quale abbiamo cercato di strutturare la cosa il più possibile. Tutto è cesellato al decimo di secondo e ogni elemento si trova al posto in cui vogliamo. Dal vivo invece è tutto diverso, molto più personale. Inoltre, stiamo già lavorando ad un nuovo album quindi attualmente i pezzi che più ci rappresentano sono in lavorazione e non sono quelli sul disco.
(Davide Palmentiero) Dal vivo decidiamo quanto vogliamo suonare e ci muoviamo in totale libertà. Quando poi c’è Jaromir Mulders abbiamo pure le visuals.

Quale situazione preferite in sede live?
(Giuseppe Pisano) L’aspetto interessante del nostro progetto è che prendiamo ispirazione da qualsiasi luogo in cui suoniamo, dalle dimensioni o dalle interazioni che riceviamo. Ogni concerto è unici, per esempio quello all’Accademia Chigiana e l’ultimo a Bologna, in una situazione quasi illegale, sono stati completamente differenti.
(Davide Palmentiero) Con Jaromir abbiamo dei tempi diversi e cambiamenti meno repentini. Quando siamo soli siamo più materici e muscolari, con tempi di reazioni più veloci.

La copertina trasmette un senso di movimento..
(Giuseppe Pisano) La nostra musica è in costante trasformazione. Ogni traccia è un elemento cristallizzato ed il disco è breve e denso.
(Davide Palmentiero) Fin dall’inizio per ‘Samenreis’ abbiamo puntato al riascolto ed all’ascolto con diverse chiavi di lettura. É sempre diverso e molto complesso. Ricordo le mattinate trascorse a parlare mente ci dirigevamo in bicicletta alla camera anecoica. Discutevamo di quale dovesse essere la nostra comunicazione e ci siamo trovati d’accordo sul fatto di non rispettare la prassi comune della musica elettronica sperimentale. Abbiamo percepito l’esigenza di scrivere un disco denso ma fruibile da tutti e quindi di durata minore rispetto a quella di altri dischi del settore. Anche dal punto di vista ecologico non avrebbe avuto senso dilungarci.

Volete parlarci delle vostre collaborazioni?
(Giuseppe Pisano) Ce ne sono state quattro anche se sul disco ne puoi trovare te. Con Dianne Verdonk e Mark Ijzerman siamo entrati in contatto per vie accademiche. Mark teneva un corso e Dianne aveva costruito questa arpa bellissimo con i sensori. Spesso partecipiamo a workshop o master che si trasformano in occasioni di collaborazione o scambi di informazione. Jannika Lahin aveva registrato delle parti di violino; alcune le abbiamo tenute mentre altre, che ci soddisfavano meno, le abbiamo fatte registrare da Domenico Ingenito. Le sue, sono state le uniche parti registrate fuori dalla camera anecoica, al pari di un field recording che ho registrato per strada e che trovi nell’ultima traccia. Se potessi mi piacerebbe collaborare anche con Rashad Becker e Valerio Tricoli.
(Davide Palmentiero) Con Jaromir invece ci siamo conosciuti a Utrecht e poi ritrovati qualche anno dopo. Certe situazioni poi devi anche essere bravo a creartele. Per esempio organizziamo anche concerti. Qualche anno fa ho partecipato ad un workshop con Fred Frith, che considero un padre della mia ricerca musicale, ed in seguito lo abbiamo fatto suonare a Napoli.

 

Daspo
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Discography
Samenreis - 2020