É bello parlare di quest’album che ci ricorda che siamo tutti morti..
Ahahah… hai ragione! In molti penseranno che il titolo sia legato alla pandemia ma in realtà l’album era pronto da un anno e mezzo. È stato Cyrus a tirare fuori questo titolo e, visto che in tanti si pongono domande sulla morte, abbiamo pensato che avesse senso sceglierne uno che mettesse le persone davanti ad una situazione diversa dal solito. Per quanto mi riguarda la morte non è altro che una fase di transizione in altre forme di vita ed altre battaglie. Trovo che la copertina di Dan Seagrave esprima molto bene questo concetto.
Personalmente ho trovato il titolo ironico, visto che avete impiegato dieci anni per pubblicare il vostro secondo album..
Di sicuro qualcuno avrà pensato che fossimo morti. A dire il vero, sembra più drammatico di quello che sia sul serio perché avevamo iniziato a raccogliere idee per questo secondo album già nel 2011. Poi ci sono stati ritardi su ritardi, gli impegni con i Dimmu Borgir sono aumentati e siamo stati in conversazione con Nuclear Blast per molto tempo, prima che il disco fosse pronto e potessimo cominciare a pianificarne l’uscita. Il rapporto con l’etichetta è fondamentale perché essendo tutti impegnati con altre band, abbiamo bisogno di qualcuno che curi la parte amministrativa. Il nostro obiettivo è comunque quello di raggiungere il numero maggiore possibile di persone, senza seguire il progetto giorno dopo giorno. Abbiamo pubblicato ‘Soul Excavation’ sulla compilation ‘Death… Is Just The Beginning’ per tastare il terreno e poi c’è stato il virus che ha ritardato ancora le operazioni.
Cosa ricordi delle sessioni del debutto? Sono state divertenti anche quelle per ‘After Death’?
Assolutamente sì. Siamo molto rilassati quando ci troviamo insieme e lasciamo che emerga soprattutto la spontaneità. Abbiamo registrato le chitarre, il basso e la voce a casa mia, mentre batteria e mixaggio sono stati seguiti direttamente da Russ Russell perché avevamo bisogno di un tocco in più. Così come dieci anni fa, non abbiamo preteso di inventare niente ma ci siamo limitati a cercare il giusto groove e divertirci.
Quali sono le differenze sostanziali tra i due lavori?
‘After Death’ è il tipico secondo album. É più vario, contiene arrangiamenti più consistenti e forse è anche più intenso in certe parti. É anche un po’ più sperimentale se vogliamo ma è comunque spontaneo come il debutto. ‘Divine Fire’ è il pezzo più vecchio in scaletta mentre ‘ An End Date With The World’ è un pezzo che esprime un po’ tutto lo spettro di sensazioni che intervengono in caso di morte.
A livello di guitar work hai voluto provare qualcosa di diverso?
Sì, ho cercato di farlo sembrare il tipico album swedish death, senza però forzare troppo la mano.
Com’è suonare la chitarra con Shane Embury e Tony Laureano alle spalle?
Sono musicisti di grande esperienza. É bello suonare con loro, puoi suonare il tipo riff alla Autopsy senza paura di trovarli impreparati.
In questo periodo si trovano quasi più album death metal che pop in circolazione. Non trovi che sia strano?
Probabilmente è dovuto al fatto che la situazione fa schifo ed è pieno di musicisti che hanno bisogno di esprimere il loro disgusto. A fare la differenza però sono sempre in pochi.
Cosa hai ascoltato di interessante di recente?
Ho apprezzato molto i nuovi album di Ulver e Skeletal Remains. Ascolto dall’elettronica al metal più brutale sulla faccia della terra. Mi piacciono Lustmord, il jazz e la musica indiana.
Quando sarà pronto il nuovo album dei Dimmu Borgir?
Siamo già avanti con il songwriting e pensiamo di registrarlo all’inizio del prossimo anno. Poi penseremo al terzo lavoro degli Insidious Disease. Prometto che non ci impiegheremo altri dieci anni.
(parole di Silenoz)