La vostra musica evoca immagini di natura selvaggia, crudele, inesplorata e incontaminata; e l’ho sperimentato la prima volta che vi ho ascoltati, senza sapere nulla circa le vostre idee, scelte e pensieri. Ritieni che ciò significhi che avete raggiunto il vostro obiettivo?
Sì, penso che hai perfettamente centrato la questione e devo dire che mi fa estremamente piacere ogni qual volta percepisco che le persone hanno distintamente afferrato quello che è il significato più intrinseco della nostra musica e quella che è la sua intenzione, che consiste nel voler catturare l’energia degli elementi naturali e portarla all’interno di un disco, in modo tale che anche chi ascolta la possa sperimentare. Quindi direi proprio che sì, quello è il nostro obiettivo ed è quello che vogliamo raggiungere, perché quando trasporti questa energia nei tuoi suoni e la gente la sente, allora significa che hai avuto successo.
Chi è il cacciatore e chi è colui che viene cacciato, in riferimento al titolo del vostro ultimo disco, ‘Two Hunters’?
Beh (lunga pausa, nda), devi capire che la volontà era quella di cercare di manifestare determinati concetti, che magari per voi europei hanno certi significati, molto radicati. Prendi ad esempio la religione o le varie tradizioni culturali che sono parte integrante dell’Europa e a come voi le percepite. O, ancora meglio, pensa ai primi dipinti nelle caverne e all’importanza enorme che essi rivestono e a come sono testimonianza inequivocabile di un inizio della cultura; pensa ai riti spirituali primitivi, alle cerimonie di sepoltura dei morti e così via; o pensa anche alle lotte tra uomo e l’orso, ai primi arnesi che vennero costruiti, al fuoco e al significato, oltre all’utilità, che esso aveva; e pensa a quali pensieri e a quali meccanismi mentali si innescarono all’epoca, a quali cambiamenti portarono queste azioni. In definitiva direi che il titolo del disco, per tornare alla tua domanda, si riferisce all’uomo e all’orso e alla loro lotta nelle epoche passate, ma devi sapere che non è chiaro chi è il cacciatore e chi è colui che viene cacciato.
‘Two Hunters’ è pieno di suoni immortali, non quel genere di musica che scompare dopo pochi ascolti; è questa la vostra volontà quando componete?
Mi piace molto l’immagine che hai utilizzato, però non saprei, diciamo che la nostra intenzione è quella di creare uno spazio che si materializza nel momento in cui l’ascoltatore sente la nostra musica. Un suono che abbia la capacità di creare una consapevolezza in chi la sta percependo, una forma dalle dimensioni non troppo grandi, ma dentro la quale si formi e si trasformi una coscienza; il che dovrebbe essere il compito di tutta la musica. Infatti non è che ritenga che noi facciamo qualcosa di speciale, in fin dei conti siamo una rock band, però il nostro obiettivo è quello di fare in modo che l’energia che cerchiamo di veicolare per mezzo del suono sopravviva e abbia effetto anche dopo che la canzone è terminata e per questo forse possiamo dire che, in un certo qual modo, cerchiamo di rendere il nostro suono immortale.
Doom, black, avant-garde, sludge, post rock e suoni epici, senza restrizioni, ma con un mood comune. Cercate ci mescolare suoni o atmosfere? Come definisci un’atmosfera?
L’atmosfera è ciò che percepisci quando ascolti un disco, contrapposta alla tipologia di suono che può essere ricondotto al genere musicale di appartenenza. Perfetto, così so che stiamo parlando delle stesse cose. Allora ti dico, definitivamente, che la nostra intenzione è quella di creare un’atmosfera e questa è anche la ragione per cui, per noi, il black metal risulta così importante, perché dimostra come, con un paio di chitarre e delle percussioni che potremmo definire primitive, riesce a costruire quello spazio di cui parlavamo prima e a produrre un suono che sa essere profondamente introspettivo e che ti consente di percepire la forza di un certo potere interiore che ti deriva dalla natura. E se pensi alle prime forme di black metal non puoi negare quanto il loro essere primitive fosse la forza di cui si alimentavano; certo, poi, portando quel suono in studio, è stato ed è possibile fare molte altre cose, stratificare gli strumenti, aggiungere apparecchiature elettroniche, ecc., però l’importante è che sia rimasto immutato il desiderio di creare quel tipo di atmosfera e farlo indipendentemente dalla strumentazione utilizzata.
Percepite i Wolves In The Throne Room profondamente radicati in un posto? Mi spiego: vivendo in un luogo differente suonereste un altro tipo di musica?
Assolutamente sì. E più viaggiamo e più tutto ciò si manifesta in modo consapevole ed evidente. Il nostro suono è l’esatta rappresentazione del luogo in cui viviamo, il cosiddetto Pacific North West; non so se sei mai stato a Seattle o da quelle parti, ma se ci fosti stato, sapresti che c’è una specifica energia, un ben determinato “vibe and spirit”, una forma di bellezza a suo modo spirituale, che deriva dalla forza emanata dalle foreste, dall’oceano e dagli animali. Poi possiamo distinguere due livelli di “luoghi”; da un lato quello appena descritto, che è quello naturale, dall’altro quello derivante dalla cultura. Il nostro punto di vista è quello del cosiddetto punk anarchico e abbiamo una visione che si può definire ambientalista radicale, quindi un qualcosa che si potrebbe riassumere come “eco punk kind of culture” e questo è un aspetto profondamente radicato in noi.
Cosa volete raggiungere con la vostra musica? Per voi è importante il suono quanto il messaggio che trasmettete?
Sicuramente per noi è importante trasmettere qualcosa che vada oltre il suono, per questo motivo il messaggio è importante, ma non come se ci ponessimo nelle vesti di predicatori, esattamente l’opposto, perché si tratta solo di esprimere ciò che sentiamo dentro e che si colloca in una situazione particolare. Nella nostra musica non c’è mai alcuna volontà di giudizio e neppure diciamo agli altri ciò che devono fare o che devono cambiare la propria vita. Anche perché poi ci rendiamo conto che, oltrepassando una certa soglia, diventeremo noi stessi degli ipocriti; in fin dei conti abbiamo attraversato l’oceano per suonare a un concerto rock e questo non è così radicale. Però cerchiamo di fare del nostro meglio e, almeno per quel che concerne le nostre scelte, proviamo ad andare nella direzione in cui crediamo, come ad esempio il vivere spersi in mezzo ai boschi e condurre una vita che, per il giorno d’oggi, è abbastanza estrema, in una fattoria che abbiamo rimesso a posto, coltivando ciò che mangiamo, allevando gli animali e così via, il che magari porta le persone a mitizzare la nostra band, ma poi comunque, nel momento in cui saliamo sul palco, non ci sentiamo superiori a nessuno, però è chiaro che speriamo di riuscire a cambiare le cose, almeno quelle che ci pare essere completamente sbagliate. Qui in Europa mi rendo conto che è molto differente rispetto agli Stati Uniti; da noi c’è un costante senso di apocalisse imminente che circonda qualsiasi cosa e la vita sta diventando sempre più estrema; dove abitiamo noi lo è in una forma che si potrebbe definire quasi da “wild west”. Voi qui avete le rovine romane, ad esempio, che vi fanno comprendere che la vita andrà comunque avanti, che magari le cose cambieranno e che sono passati secoli e millenni e che altri se ne sommeranno, avete una memoria storica antica, ma da noi questa mancanza di riferimenti ha generato proprio quel senso di apocalisse di cui ti parlavo prima.
Siete interessati a condurre l’ascoltatore in una sorta di viaggio?
Ogni disco è differente e ha una propria storia e noi ci mettiamo ogni volta il massimo dell’impegno per fare sì che esso abbia un significato pienamente compiuto dall’inizio alla fine e che tu lo possa ascoltare nella sua interezza. Non è che l’intenzione sia quella di portare l’ascoltatore in un viaggio specifico, però, attraverso i nostri sentimenti, le nostre emozioni e le nostre idee incluse nei brani cerchiamo di fare in modo che servano all’ascoltatore per compiere il suo viaggio. In fin dei conti la musica è solo lo specchio di ciò che siamo.
Voi avete una specie di visione naturalistica del black metal; ma cosa mi dici del black metal coinvolto con le chiese bruciate, le persone uccise o violentate, i pensieri razzisti e così via?
Il black metal ha due differenti visioni; da un lato c’è quella che si pone quale esplorazione degli aspetti più selvaggi e incontaminati, non solo della natura, ma anche della natura umana, andando a indagare spazi inesplorati, spazi che possono anche essere estremamente oscuri. Ma tu non devi avere paura di addentrarti al loro interno esplorando il buio, la guerra o la violenza, però devi sempre avere la precisa volontà di evitarli, forte della convinzione che uccidere, fare delle guerre o compiere gesti di inutile violenza sono atti al di fuori della realtà in cui vuoi esistere, pur se al tempo stesso ciò fa parte della storia dell’uomo. E se tu non hai la forza per chiamartene fuori nel momento in cui ti trovi a indagare quelle situazioni di oscurità puoi finire per precipitarvi dentro. E così poi succedono le cose di cui sappiamo. Ma noi siamo una band, fondamentalmente, black metal, e io stesso ascoltavo Burzum, però ero in grado di comprendere che, al di là del suono, aveva una visione che definirei di destra infantile circa come avrebbe dovuto essere strutturato il mondo; e per quel che concerne le chiese bruciate posso dirti che mi spiace molto, perché si trattava di belle costruzioni architettoniche, questo per farti comprendere che sono perfettamente consapevole che, comunque, l’idea della buona società è una forma di nichilismo violento allo stesso modo. Ma io voglio poter essere libero di rifiutare il male compiuto dall’essere umano e continuare a percepire i sentimenti, le passioni, le emozioni, la malinconia e la gioia che sono dentro di me e, con la vita che faccio, cercare di stare alla larga da tutta questa immondizia, dal cibo alla cultura, che sta seppellendo il mondo intero e che è attorno a noi. Poi, tornando alla parte iniziale della domanda, possiamo dire che c’è anche l’aspetto più propriamente satanico del black metal, ma questo è forse quello legato alla fase giovanile di molti gruppi della scena, perché quando sei un adolescente e tutto ti fa schifo e vuoi opporti a tutto e distruggere tutto e hai solo pensieri negativi può anche essere che ti affidi a un immaginario di quel tipo, ma poi devi avere la forza per crescere, per andare oltre, nella tua vita così come nella tua musica.
A volte sembra quasi che le persone o i giornalisti che parlano di Wolves In The Throne Room, vi considerino come una sorta di gruppo dal fascino “esotico” per quelli che sono i vostri pensieri e le vostre scelte di vita!
Sì, definitivamente. A volte ci pare quasi che guardino a noi come a un “freak show”. Io penso solo che noi diciamo e facciamo cose che possono essere definite normali in un mondo normale, ma evidentemente così non è. A volte ci troviamo a discutere io e mio fratello (il chitarrista e cantante Nathan Weaver, nda), perché lui è molto più radicale rispetto a me per quel che concerne tutto l’aspetto tecnologico della vita. Io ritengo semplicemente che sia una cosa che c’è e di cui occorre prendere atto, quindi se rapportati alla sua visione delle cose siamo ancora più oltre, di conseguenza nasce nelle persone questo immaginario per cui siamo una sorta di una comune di hippy black metal...
Penso che sia strano che abbiate una pagina su MySpace...
Hai ragione e questa potrebbe essere vista come una contraddizione per noi, però adesso ci è necessaria per contattare le persone che utilizzano quello strumento per comunicare, però non appena il nostro sito sarà di nuovo attivo, cercheremo di abbandonarla. Ma tu ti opponi a MySpace per motivi tecnologici o perché la ritieni una cosa stupida?
Perché mi sembra ridicolo e sintomatico, che - ad esempio - io e te ci conosciamo e abitiamo pure vicini, però dobbiamo diventare “amici” e parlarci per mezzo di uno strumento che spersonalizza completamente i rapporti umani.
È vero, è del tutto privo di senso, però è anche chiaro che quando sei in un contesto come quello musicale e nel momento in cui pubblichi dei dischi per mezzo di un’etichetta e, quindi, hai l’obiettivo di divulgare ciò che fai, devi accettare certi strumenti. Se dipendesse da me ucciderei la pagina subito, ma so che facciamo parte di un ambito che in questo momento necessita di tale strumento per fare in modo che la nostra musica e tutto ciò in cui crediamo possa venir fatto conoscere. Il che vale anche per viaggiare, per fare concerti, per vendere il nostro merchandising, ecc., però di fondo, rispetto a quanto dicevi tu prima, è vero, è molto perverso.
Avete già pianificato il prossimo disco? Siete soliti programmare le cose o siete maggiormente “free oriented”?
Non siamo soliti pianificare e magari ci può anche stare bene un approccio improvvisato alla materia composizione, però quando hai dei pezzi così lunghi, strutturati e articolati come i nostri è chiaro che devi fare in modo di seguire un certo iter razionale per comporli. Attualmente stiamo registrando dei brani e delle parti di brano, però credo che sino al prossimo anno non vedranno la luce. Abbiamo pianificato un tour europeo per l’inizio del 2009 e il disco dovrebbe essere fuori subito prima o subito dopo il tour.
(parole di Aaron Weaver)