Perché hai dato vita ad una band deathcore nel 2008 invece di dedicarti ad altri generi?
Venivo da una band hardcore e mi piaceva molto quello che suonavamo. Però ci siamo sciolti e, come spesso accade in questo ambiente, le nostre aspettative non sono state soddisfatte. Così ho preso da parte Pat Sheridan e Nate Johnson e abbiamo deciso di dare vita a qualcosa di differente, più progressivo ed in generale più creativo. Così sono nati i Fit For An Autopsy e ci siamo tolti tante soddisfazioni. Dopo sei album posso dirti che dal punto di vista compositivo non è cambiato molto ma ci siamo sicuramente evoluti e se ascolti ‘Oh What the Future Holds’ puoi renderti conto che siamo la stessa band di ‘The Process of Human Extermination’ ma con maggiore tecnica e numerosi accorgimenti.
Dal punto di vista lirico ritieni che il vostro messaggio sia più importante in tempi di emergenza sanitaria?
Non credo che sia più importante. Di sicuro ci piace esplorare territori differenti e le liriche sono necessarie per dare un colore acceso alla musica. L’ultimo album è molto stratificato, ricco di dettagli e anche le liriche svolgono un ruolo importante.
Cosa ci riserva il futuro?
Non lo so. Non sono un scienziato ma non credo che vedremo niente di buono. I problemi su scala mondiale si stanno susseguendo e dovremo adattarci alla situazione come abbiamo fatto negli ultimi due anni.
Credo che ‘The Great Collapse’ sia stato il vostro bestseller fino alla firma con Nuclear Blast. Avete ricevuto pressioni o suggerimenti dalla label riguardo a questo album?
Per noi è un onore essere parte di una famiglia così grande. Il problema maggiore durante il processo è stato capire quando pubblicare l’album perché non volevamo sprecare l’occasione e bruciare canzoni così valide.
Quanto è importante l’ordine delle tracce?
L’obiettivo è creare un certo equilibrio tra le nostre influenze e dare vita ad una sequenza di brani che possa essere accattivante per l’ascoltatore. Mi auguro di esserci riuscito, ma alla fine conta il parere dei nostri fan sparsi in tutto il mondo. Tra poco saremo dalle vostre parti assieme a Une Misère, Great American Ghost e Enterprise Earth e non vediamo l’ora di riabbracciarvi tutti. Per noi suonare dal vivo è primario.
La pandemia ti ha dato sicuramente modo di ascoltare tanta musica oltre che scriverla e produrla. Cosa hai ascoltato di interessante negli ultimi tempi?
Devo ammettere che non ho ascoltato molto deathcore di recente, anche se sono felice che il genere si stia evolvendo e che ci siano tante buone band in circolazione. Mi sono più concentrato sul post metal e nello specifico sull’ultimo lavoro dei Cult Of Luna, una band che amo molto, e sui Conjurer, che dal vivo spaccano sul serio. Nel 2021 ho prodotto tanti dischi che usciranno nei prossimi mesi e sono sicuro che vi divertirete. Nel frattempo anche gli Shadow Of Intent hanno fatto un ottimo lavoro.
A livello di produzione cosa volevi cambiare rispetto a ‘The Sea Of Tragic Beasts’?
Non volevo modificare troppo perché sono tuttora entusiasta di quell’album. Ritengo che sia il migliore album che avremmo potuto pubblicare in quel periodo. Per certi versi questo nuovo lavoro ha risentito delle sessioni di registrazione di ‘Splinters From An Ever-Changing Face’ degli END, perché il suono di batteria ha una personalità particolare. La differenza più grande tra i due dischi è che Joe Badolato era da poco entrato nella band quando abbiamo registrato ‘The Sea Of Tragic Beasts’ e quell’album c’è servito per trovare un’identità precisa. Adesso invece è ormai con noi da diversi anni, abbiamo portato a termine tanti tour insieme e si sente che è più determinato e consapevole in quello che canta.
L’artwork è magnifico. Cosa vedi personalmente in quella immagine?
Tanta tristezza.
(parole di Will Putney)