Qual era la visione quando vi siete formati?
(Alessia Masi) All’inizio eravamo un trio formato da me, Folco e Federico. L’intenzione era di ripartire da dove avevamo lasciato col gruppo punk rock che avevamo in passato, aggiungendo le esperienze che avevamo accumulato nel frattempo, io e Folco nel cantautorato e Federico nel metal. Durante il processo di registrazione Margherita e Lorenzo ci sono venuti a trovare e ognuno ha portato il suo contributo. Per esempio Margherita doveva occuparsi solo di qualche coro poi la sua voce è diventata importante quanto la mia. Ciascuno di noi ha un background diverso e così l’idea iniziale si è evoluta e si è venuta a creare una nuova band. A quel punto abbiamo portato avanti gli intenti singoli che sono diventati l’intento comune. L’obiettivo era esprimerci artisticamente in un mondo musicale che non ci stava rispecchiando. Nonostante le varie influenze, ci accomunava il fatto che non ci piaceva niente di quello che usciva in quel periodo.
Come è stata la transizione tra il secondo album e ‘Di Stanze e Nevrosi’?
(Alessia Masi) È stata molto naturale. Col primo disco si è formata la band e abbiamo fatto tante date che hanno affiatato la formazione. Con il secondo abbiamo scelto l’inglese perché volevamo aprirci anche al mercato estero. In quel periodo abbiamo aggiunto un po’ di metal nelle parti di batteria e abbiamo sviluppato delle sonorità più estere. Poi abbiamo preferito tornare all’italiano perché, dopo tutto quello che è successo negli ultimi due anni, la prospettiva dell’estero era mutata. Siamo tornati quindi alla lingua madre, con la quale ci sentiamo più padroni di esprimerci e probabilmente siamo anche più originali.
Quali sono le tracce che hanno guidato il processo?
(Margherita Bencini) Per me è difficile scegliere. Sono tutte sorelle e tutte diverse.
(Folco Vinattieri) Le prime due tracce del disco ovvero ‘Quattro Mani’, che è stata completata nella sala prove che abbiamo a Prato, una sorta di casolare che condividiamo con altri gruppi, e ‘Persone Vuote’, che ci portavamo dietro da tempo. Prima era più lunga e senza ritornello poi il nostro produttore l’ha ascoltato e mi ha detto di aggiungerci un ritornello e così è diventata come la puoi sentire adesso. Tante canzoni hanno preso forma in studio. I provini che facciamo sono provini in tutti i sensi, non andiamo alla ricerca della perfezione tecnica ma cerchiamo un feedback emozionale da parte di Alessio Camagni. Quando entriamo in studio c’è ancora tanto di aperto, alcuni testi vengono cambiati e aggiungo parti di chitarra che spesso improvviso.
Quindi dai demo alle versioni finali le canzoni cambiano molto.
(Folco Vinattieri) Il “core” rimane quello, poi chiaramente da quando nascono a quando le chiudiamo ci sono diverse fasi. In certi casi non attraversano nessuna fase e sono già pronte, come è successo per ‘Comodità’ e il pezzo più hardcore-punk che è ‘Liberati’. In generale stendiamo le nostre idee con Ableton e poi Tommaso Rosati ci aiuta a focalizzare la parte elettronica e ci offre stimoli su quella acustica. Con Alessio invece parliamo più di quelle che sono le canzoni forti o meno forti e cominciamo a dividerle per categorie in maniera da poi potere assemblare il materiale.
Essendo tutti insegnanti di musica immagino che in studio sia un mezzo massacro.
(Margherita Bencini) Si.. abbastanza.. diciamo che siamo molto puntigliosi.
(Folco Vinattieri) Ognuno di noi è fissato su certe cose. Chi sull’intonazione, chi sul timing, chi sulla parte espressiva..
Alla fine chi vince?
(Alessio Masi) Per me ciascuno è il peggiore giudice di sé stesso.
(Federico Masi) Sì, questo è il minimo comune denominatore. Sono gli altri ad aprire certe porte perché tendiamo a chiuderci su noi stessi e malmenarci di continuo. Per esempio quando compongo delle parti vocali magari mi fanno schifo, poi le sente mia sorella e le piacciono ed alla fine funzionano.
(Folco Vinattieri) Alla fine è una pace armata perché ci fidiamo l’uno degli altri.
In termini di produzione cosa desideravate ottenere?
(Folco Vinattieri) All’inizio pensavamo a sonorità acide e garage, un po’ alla The Stooges per intenderci. Poi abbiamo ascoltato il primo mixaggio ed i feedback sono stati negativi. Ci siamo accorti che non risaltavano alcuni elementi che avevamo calcato nella pre-produzione e venivano ammazzate sia le dinamiche della batteria che certe sfaccettature elettroniche. Allora abbiamo scelto un mixaggio più internazionale, sulla falsa riga di quelli dei Foo Fighters, nonostante il nostro produttore fosse contrario.
Le parti vocali del disco sono fantastiche. Come si collocano a livello compositivo?
(Folco Vinattieri) Dipende dalle tracce. Alcune sono nate dalla chitarra poi è stata aggiunta la voce. Per esempio ‘Comodità’, ‘Sei Davvero Tu’ e ‘Palazzi’. ‘Quattro Mani’ è nata dal piano e dalla voce di Margherita. ‘Liberati’ è un’idea ritmica e vocale di Federico, tanto che abbiamo una versione del pezzo cantata da lui. ‘Persone Vuote’ è nata dall’elettronica mentre ‘Resti Qui’ era un pezzo di sei minuti che è stato modificato su suggerimento di Alessio.
Perché ‘Di Stanze e Nevrosi’?
(Alessia) In realtà noi avevamo scelto ‘Non Esiste Più Una Casa’ come titolo. Poi David Bonato di Vrec ci ha detto che era troppo lungo e che avrebbe inserito il termine nevrosi visto che il disco era molto nevrotico. Così è nato questo gioco di parole.
(Margherita Bencini) Abbiamo pianto un po’ ma alla fine è stato meglio così.
A livello lirico c’è un messaggio generale o proponete tante piccole storie?
(Folco Vinattieri) Sono tanti piccoli mondi, tante piccole stanze e tante piccole nevrosi che possono accomunare tutti. Abbiamo ricercato la fragilità, ma non intendendola per forza come una debolezza ma al contrario come una ricchezza. É stato un processo di profonda autoanalisi che ci ha fatto affrontare le nostre rispettive fragilità come se fossero dei fiori destinati a sbocciare e non a marcire.
(Margherita Bencini) C’è tanta onestà nel rivolgere lo sguardo verso sé stessi ma anche nel raccontare aspetti che a volte sono un po’ spiacevoli.
Siete reduci dalla strepitosa performance di spalla a Manuel Agnelli e tra qualche giorno vi esibirete a Serravalle Rock in una magnifica cornice medievale. Quali sono state le esperienze dal vivo memorabili fino ad oggi?
(Federico Masi) Per me sicuramente Pistoia Blues.
(Margherita Bencini) Io sono particolarmente legate a due concerti che abbiamo tenuto al Capanno Blackout di Prato. Il primo è stato quattro anni fa, in apertura ai Meganoidi, ed il secondo un mese fa al release party del disco.
Dove volete arrivare?
(Federico Masi) Non ci poniamo alcun limite.
(Folco Vinattieri) Dappertutto. Stiamo continuando a crescere, ci siamo compattati nei momenti di difficoltà e questo ci fa capire quanto sia importante dove ci troviamo adesso.