Da dove proviene l’ispirazione per ‘At The Heart Of Wintervale’?
Tutti noi siamo cresciuti con videogiochi, letteratura e cinematografia a carattere fantasy e quindi è normale che alcuni elementi finiscano nelle nostre canzoni. Stavolta abbiamo cercato di rendere la narrazione più concreta e tracce come ‘Skynights Of Aldaria’ sono per esempio connesse a luoghi e personaggi precisi. In generale crediamo sia importante trasmettere messaggi positivi per fuggire, anche solo per qualche ora, da ciò che viviamo tutti i giorni nella realtà.
Quindi è questo che volete offrire ai vostri fan?
Sì, principalmente è questo. I nostri album trattano la stessa materia e non è cambiato molto rispetto al passato. Questo è il secondo album che facciamo con Alessandro “Allyon” Conti e quindi il processo è stato più rilassato perché al momento di registrare era più inserito nel contesto e più a proprio agio. Come ti dicevo, la differenza più importante è che ‘At The Heart Of Wintervale’ racconta storie più chiare e descritte nei particolari.
Ricordo bene quando avete iniziato e devo dire che siete cresciuti davvero tanto. Quanto è mutata la visione da allora?
All’epoca eravamo noi stessi curiosi di capire come sarebbe stata la reazione del pubblico e come si sarebbero evolute le nostre storie. Poi il problema principale è stato trasportare il materiale dal vivo e rendere credibile la nostra proposta anche in tour. Una volta che ci siamo riusciti, abbiamo deciso di esplorare nuovi territori. Mentre il primo album era una sorta di revival del symphonic power degli anni ‘90, con riferimenti evidenti ai Rhapsody, il secondo era leggermente diverso e con orchestrazioni di spessore. Ogni volta che torniamo in studio cerchiamo di aggiungere qualcosa di nuovo per mantenere il concept solido, sia dal punto di vista lirico che da quello sonoro, senza snaturarlo.
Ai tanti colleghi o amici che non amano il symphonic power dico sempre di provare loro a realizzare album del genere. Quanto è difficile bilanciare tutti gli elementi?
A volte quando proviamo le canzoni ridiamo su questa cosa. Sarebbe molto più semplice suonare rock n’ roll e fregarsene di tutto! La visione è chiara fin dall’inizio e alcune canzoni sono nate tanto tempo fa. Poi dipende dalle emozioni che vogliamo trasmettere e questo cerchiamo di stabilirlo prima di iniziare a comporre. Quando hai un framework è più facile scrivere un pezzo ed in seguito aggiungere i testi, che siano trionfali o malinconici. L’importante è che i testi si inseriscano in maniera naturale e che siano accurati. Alcuni pezzi nascono più power metal e diretti mentre altri sono più teatrali e cinematici, con le orchestrazioni che svolgono un ruolo chiave.
Immagino che il mixaggio sia complicato.
Questa volta ho avuto più tempo per riflettere su certi aspetti. Sono soddisfatto del mixaggio dei dischi precedenti ma sicuramente le operazioni erano state più affrettate. In ‘At The Heart Of Wintervale’ le interazioni tra elementi metal e orchestrazioni sono più curate. Alcuni fan ci avevano chiesto di dare più spazio alle chitarre e abbiamo risposto dando più spazio a tutti gli strumenti classici del metal quindi chitarre, basso e batteria, ma alcuni brani sarebbero stati vuoti senza le orchestrazioni.
C’è una traccia che ha guidato un po’ tutto il lavoro?
Tutti i brani sono molto diversi tra loro e sono stati mixati in maniera differente. Simone Mularoni si è trovato di fronte ad un lavoro immenso. Logicamente abbiamo cercato di mantenere chitarre e batteria il più uguali possibili. Una volta completata la title track abbiamo capito che avevamo intrapreso la direzione giusta. Un altro pezzo in cui crediamo molto è ‘Sunlight Knight’ e infatti lo abbiamo scelto come secondo singolo.
Sembra che vi siate impossessati degli health token di Assassin’s Creed Valhalla – Orlog.
È un gioco di dadi vero? Non lo conosco bene, ma devo approfondire… Sono ancora rimasto a Magic – The Gathering ahahha… Immagino che tu faccia riferimento all’artwork e posso dirti che per la prima volta è strettamente connesso ad un paio di testi dell’album.
Come riuscite a provare?
La distanza è sicuramente un problema visto che solo io e De’Azsh viviamo nella stessa città. Alessandro sta in Italia, Lynd in Portogallo mentre l’altro chitarrista vive in Germania. Di solito ci incontriamo un paio di giorni prima del tour per provare la setlist insieme. Per il resto è soprattutto una questione di pianificazione. Ci sono software che permettono di registrare anche online ma non mi piace e per il momento non li abbiamo utilizzati.
(parole di Blackwald)