Sono molto arrabbiato con voi perché ci avete messo ben quattro anni a tornare con un nuovo disco. In ogni caso ne è valsa la pena. Penso sul serio che questo sia il vostro migliore lavoro.
Sono felice di sentirtelo dire. Ogni canzone dell’album emerge in maniera naturale e spontanea e sono d’accordo con te sul fatto che sia un lavoro importante. Ci abbiamo messo tutto il nostro impegno e abbiamo cambiato qualche cosa in fase di composizione ed arrangiamento. All’inizio eravamo un po’ nervosi ma poi è andato tutto bene.
Quali sono le novità principali?
Non avevamo mai usato i synth in questo modo in precedenza. Anche se ci piace ancora quello che suoniamo da quindici anni, volevamo dare una scossa al materiale e sperimentare di più rispetto al passato. ‘A New Sensation’ è stato il massimo che potevamo raggiungere suonando solo garage rock. ‘Satanism’ è un album differente, più vario e suonato, ricco di contrasti e per certi versi irriverente. Siamo tornati a collaborare con Alexander Idfalk, che era stato nostro partner per diversi anni, e sono nate canzoni più mature. Non ci siamo posti il problema che fossero canzoni rock n’ roll di due minuti, canzoni techno o ballate. Volevamo provare diversi costumi e vedere quello che stava bene ad ogni pezzo. La nostra è sempre musica rock, ma con una sensibilità pop. Di sicuro in questo disco ci sono tante notte insonni!
Quindi non avete seguito un template particolare in termini di produzione?
No, affatto. Il primo pezzo che abbiamo completato è stato ‘Make a Boy, Make A Man’, che è puro garage rock. Quando lo abbiamo registrato però ho provato ad aggiungere qualche parti di elettronica ed un andamento quasi r&b e ho capito che avremmo potuto sperimentare maggiormente con i beat anche per gli altri pezzi. In studio c’erano sia Alexander Idfalk che Johan Gustafson. Con entrambi condividiamo l’amore per il rock anni ‘60 ma anche per certo pop colorato di nero.
‘Make A Boy, Make A Man’ sembra un titolo dei Def Leppard!
Direi che ci siamo quasi.
Di cosa parla ‘The Sound I Like’?
É un pezzo scritto per le persone che si tengono tutto dentro. É contraddittorio, violento e accattivante come piace a noi.
Come sono nate le collaborazioni?
‘All Nighter’ vede la partecipazione di Emma Nylén dei Paris e di Andreas Houdakis. Quando abbiamo discusso con l’etichetta della possibilità di inserire una voce femminile nel pezzo è venuto fuori il nome di Emma, anche perché ero stato chiaro che non avrei voluto nessuno dell’ambiente rock o metal. Andreas suona con me in un’altra band. Ci chiamiamo Bitch Hawk e mischiamo un po’ di tutto. Dall’hardcore-punk al jazz, dal thrash metal al pop. Non essendo un grande chitarrista è fantastico vederlo suonare. Invece Patrick Von Arfve dei Teddybears appare nell’ultima traccia. In questo caso abbiamo deciso all’ultimo minuto.
Pensi che il vostro approccio dal vivo cambierà visto che il materiale è leggermente diverso rispetto agli esordi?
Non penso che cambierà troppo. Di sicuro qualcosa di diverso ci sarà, ma ancora dobbiamo suonare certi brani dal vivo e capire come possano funzionare meglio. L’obiettivo è sempre mettere in scena il migliore rock show possibile.
Vi considerate più un gruppo svedese o internazionale?
Forse internazionale, anche se abbiamo tanti amici nella scena svedese. Mi vengono in mente gli Imperial State Electric, con cui siamo stati in tour e siamo molto legati.
Qual è stato il momento più difficile in carriera?
Una volta in tour ho avuto dei problemi alla voce ed è stato molto frustrante perché ci esibivamo in posti da trecento-quattrocento persone e non volevo che nessuno rimanesse deluso. Un concerto per me è energia al cento per cento. Ricordo ancora quando mio padre mi portò a vedere i Twisted Sister. Ero un bambino ma si aprirono gli occhi! Purtroppo in quell’occasione dovemmo cancellare dei concerti e la presi in maniera personale. Sono felice che sia tutto finito.
Per quanto continuerete a truccarvi d’oro? Guarda che la vernice costa..
Questa è una bella domanda! Mi auguro di smettere presto perché non ne posso più! A parte le battute è stato un gioco che è durato per un po’. Prima o poi smetteremo, ma ci divertiamo ancora a farlo.
(parole di Fred Burman)