Siete tornati con un altro solido album che piacerà a tutti i fan. Ci avete messo tanto tempo ma n’è valsa la pena.
Il processo è stato molto rilassato. Il problema più grande è stato durante la pandemia perché nessuno degli altri membri vive vicino a me e non volevo girare le mie parti tramite internet. Mi piace avere la band tutta insieme e così abbiamo cercato di trovarci non appena possibile. In generale è stato un periodo orribile perché io amo la musica dal vivo e non potere andare a vedere dei concerti mi ha davvero rattristato.
Dove vivono gli altri membri?
Il nostro bassista vive in Colorado come me, ma a circa due ore di macchina. Richard e Ken stanno in Arizona e quindi devono prendere l’aereo mentre Harry vive in Grecia e quindi è molto lontano.
Quali sono le novità principali?
‘The Hallowed’ è un concept album e di conseguenza il nostro approccio è stato molto diverso dalle ultime uscite. Ho seguito uno stile di scrittura diverso dal solito. Dopo aver composto le basi dei pezzi, ho incaricato Rikard Stjernquist di riunire tutto il materiale e mixare le demo. Così abbiamo completato un’intera versione del disco ancora prima di entrare in studio. La pre-produzione ha avuto effetti determinanti sul risultato finale. Ci siamo concentrati soprattutto sul suono di batteria cercando una stanza che potesse fare al caso nostro. ‘The Deviant Chord’ era stato mixato al computer. È stata la prima volta e anche l’ultima. Non che il risultato non ci abbia soddisfatto, ma non fa per noi quella modalità.
Vuoi darci qualche dettaglio sulle registrazioni?
Basso e batteria sono state registrate ai Sonic Phish Productions in Arizona sotto la supervisione di Ken Mary, che ha lavorato in passato con Alice Cooper e Flotsam & Jetsam e non è solo un grande esperto di batteria. Le chitarre e la voce sono state invece registrate agli SteamPunk Audio Labs, sempre in Arizona, ed agli Hound House Studios, in Colorado. Ogni strumento ha il suo spazio e sono davvero orgoglioso del risultato. Del mixaggio se n’è occupato Jim Morris e cosa potrei aggiungere su di lui che non sia già stato detto. È un mito.
Quali sono le tracce chiave di ‘The Hallowed’?
Questa è una bella domanda perché sono usciti tre singoli che secondo me spiegano bene di cosa si tratta. Sui singoli però non abbiamo messo bocca, li ha scelti l’etichetta ed alla fine siamo concordi sull’operato. ‘Stronger Than You Know’ e ‘Edge Of A Knife’ sono due pezzi che mostrano bene quello che sono i Jag Panzer in questo momento mentre ‘Onward We Toil’ è un brano leggermente più vario e sperimentale che non vedo l’ora di eseguire dal vivo. Se dovessi però scegliere una traccia chiave direi pero’ ‘Dark Descent’. Credo che sia uno degli episodi più significativi del disco e mi ha richiesto molto dal punto di vista del songwriting.
Ad inizio carriera cercaste fortuna in California. Cosa ricordi di quell’esperienza?
Quando ci siamo trasferiti a Los Angeles avevo appena compiuto diciotto anni. Abbiamo provato a dire la nostra, ma non avevamo il becco di un quattrino! Eravamo tutti di famiglie povere, non potevamo permetterci praticamente nulla mentre a Los Angeles era pieno di band che avevano il meglio del materiale a disposizione. Noi possedevamo soltanto un piccolo drum set e qualche amplificatore. Non avevamo un monitor per la voce e nemmeno dei fondali per gli show. Per quello siamo tornati in Colorado. Potevamo a malapena permetterci lo studio a casa!
All’inizio del ‘84 fu reclutato Joey Tafolla e con lui venne registrato il debutto ‘Ample Destruction’.
In quel posto non c’era il riscaldamento e morivamo dal freddo. Sono dovuto andare a cercare della legna da ardere per accendere un piccolo fuoco e registrare le mie parti senza spaccarmi le dita. Fu terribile! A ripensarci potrebbe essere quello il motivo per cui le canzoni sono venute così rapide e feroci. Non vedevamo l’ora che fosse finita!” E aggiunge: “In quel periodo le fanzine cominciarono a parlare di US metal. Per noi quel termine aveva uno scarso significato, ma era cool definirci così. Col passare del tempo ho capito che l’unica cosa che ci differenziava veramente dagli altri era il fatto che non seguivamo le mode ma facevamo musica per conto nostro, senza il supporto delle radio o delle etichette. C’eravamo noi, i Manowar, i Culprit, gli Armored Saint, i Liege Lord ed i Savatage.
Cosa significa per te US Metal?
Nei primi anni ‘80 l’unico gruppo serio che veniva passato dalle radio erano i Van Halen. Ricordo che quando uscì ‘Killers’ degli Iron Maiden ed ebbe un notevole successo nel Regno Unito, negli Stati Uniti le radio non fecero niente per promuoverlo. Era praticamente impossibile ottenere dei passaggi e andò così finché non arrivarono Mötley Crüe e Guns n’ Roses.
Come è nato il contatto con Atomic Fire?
Il rapporto con Markus Wosgien nasce tanti anni fa. Negli anni ‘90 girammo in tour con gli Hammerfall. Fu un grande tour ma il novanta per cento delle persone veniva per loro. In realtà nel contratto avevamo scritto che sarebbe stato possibile scambiare lo slot con gli svedesi, ma dopo qualche data ci rendemmo conto che la gente voleva che suonassero prima dei Gamma Ray… Tutte le sere Markus veniva da noi e ci diceva che ‘Glory To The Brave’ era meglio di ‘The Number Of The Beast’. Per carità, mi piacevano gli Hammerfall. Li ho sempre trovati un’ottima band, ma non erano certo gli Iron Maiden!
Pensi che con quest’album potreste conquistare qualche nuovo fan?
Ci sono tanti ragazzi che stanno iniziando ad ascoltare musica heavy metal. Ho degli amici in città, i cui figli amano i Sabaton. Però non avevano mai ascoltato i Jag Panzer, così ho dato ai loro padri qualche disco e ora i loro figli ci amano. Penso che sia soprattutto un discorso di promozione. Se i ragazzi hanno la possibilità di accedere a certa musica possono esprimere il loro giudizio ed appassionarsi.
(parole di Mark Briody)