Come mai hai scelto questo nome per il progetto? E’ legato al film di David Lynch immagino..
Sì, il film c’entra ma c’entrano soprattutto i personaggi. Questo scontro che puoi trovare nei testi tra l’assoluta pacatezza esteriore e la sofferenza interna del personaggio principale è un po’ come rassegnarsi all’evidenza che le persone non ci vedono mai per quello che siamo veramente. Poi c’è un legame anche con la bellissima copertina dove gli uomini hanno la testa nella sabbia. In passato potevamo nasconderci mentre adesso siamo continuamente stressati e non c’è modo di isolarci dall’esterno. C’è anche un po’ di autobiografico naturalmente.
Sapevo che prima o poi avresti pubblicato un disco del genere tanto che nella recensione ho scritto che ‘Sinners’ era il disco che mancava nella tua discografia ma in generale nel panorama rock italiano.
Ho sempre amato questo genere e tre anni fa, quando tutti abbiamo avuto più tempo a disposizione, ho buttato giù alcune idee e ne ho discusso con Francesco Tumminelli. Ho pensato a lui perché ascoltando i provini avevo bisogno di quel tipo di sonorità. Così abbiamo arrangiato i pezzi e aggiunto dei dettagli, decidendo di formare una band e di cantare in inglese, per evitare un po’ tutto quel mercato con cui siamo abituati a confrontarci ogni giorno. É stata una scelta precisa. Una sorta di sfida. A quel punto sono arrivati Alessandro alla batteria e Ivan al basso.
E la collaborazione con Steve Lyon come è nata invece?
É stato assurdo! Ho fatto una data da solista a Roma e c’era un mio amico a vedermi. Alla fine del concerto sono andato a salutarlo e con lui c’era questo signore inglese. Abbiamo iniziato a parlare ed è venuto fuori che faceva il produttore, così gli ho chiesto come si chiamasse. Quando mi ha detto Steve Lyon mi si è gelato il sangue. Ma come? Quello di Depeche Mode e The Cure? Ero allibito. Naturalmente gli ho detto che stavo lavorando a questo progetto in inglese e gli ho mandato le demo che avevo pronte. Gli sono piaciute e così è nata la collaborazione. Poco dopo eravamo a Londra nel suo studio. È stata un’esperienza fantastica. Al termine registrazioni ci ha raggiunti in studio e ha mixato il lavoro, che poi è stato affidato a Tom Baker per la masterizzazione.
Perché proprio Tom Baker?
Perché ho tirato fuori tutti i dischi che mi piacevano di più e ho scoperto che li aveva masterizzati lui.
In ‘Apnea’ di Alteria c’era già l’idea di questo progetto?
Non sono legate le cose ma era da tanto che con lei volevo provare certe soluzioni perché ha una voce molto versatile.
Quali sono le tracce che rappresentano meglio il vostro sound?
Ce ne sono tante che sono cresciute durante il processo. Sicuramente ‘Sinners’ e ‘Over The Mountain’. La gente però ci ha conosciuti con ‘Valerine’, un po’ perché è stato il primo singolo e un po’ grazie al magnifico video che ha girato Andrea Giacomini con Ariel D. King come protagonista. Lei è bellissima ed è nota per film come American Crime Story e Dollface e il video è stato anche premiato all’Arpa International Film Festival di Los Angeles. Un premio molto prestigioso che non ci aspettavamo assolutamente.
Dal punto di vista del tour come vi state orientando?
Inizialmente abbiamo pensato solo all’estero. Abbiamo firmato per un’etichetta belga e per un management tedesco. Con loro stiamo fissando delle date fuori dall’Italia e questo rimane il nostro obiettivo principale. Allo stesso tempo quando si è iniziato a parlare del progetto in rete, ci siamo resi conto che l’interesse era forte anche nel nostro paese. David di Vrec si è subito mostrato disponibile a pubblicare il disco e quindi abbiamo deciso di stamparlo anche in Italia.
Possiamo annunciare in anteprima che vi esibirete a Serravalle Rock.
Sarà un set incredibile. Abbiamo fatto una data zero, senza annunciare niente, e ci siamo divertiti come matti. Stiamo preparando qualcosa di speciale per un festival a cui sono molto legato.
Quali sono i dischi che hanno influenzato di più queste sessioni di registrazione?
Sicuramente i dischi di Killing Joke, Nine Inch Nails, A Perfect Circle, Depeche Mode ed in generale la scena industriale ed elettronica degli anni ottanta.
Stai lavorando al nuovo album dei Casablanca? Oppure al nuovo lavoro solista?
Il mio progetto solista è molto snello perché mi permette di esibirmi e scrivere quando voglio. Non devo farlo per forza, ma quando avrò le idee giuste pubblicherò altro materiale. Per quanto riguarda i Casablanca tutti i membri nutrono un grande rispetto per la band e quindi vogliamo essere sicuri al cento per cento che le canzoni siano perfette. Adesso non è più come una volta. Le band pensano a scrivere dei singoli mentre in passato si curavano gli album anche nei più piccoli dettagli. Noi siamo sempre di quella era e quindi servirà del tempo ma torneremo con un altro grande disco. Al momento sono concentrato su The Elephant Man e stiamo già lavorando a qualche nuova canzone.
Un progetto rivolto all’estero anche perché in Italia la situazione è abbastanza ferma.
Dispiace dirlo ma è così. Ci sono artisti interessanti, con alcuni molto giovani sto anche lavorando in fase di produzione, ma in generale credo di essere a credito considerato tutto quello che ho dato. Appena ci siamo orientati un attimo al mercato estero ci siamo resi conto che è tutto diverso. C’è un’attenzione diversa nei confronti della musica e dei musicisti. Da noi ci preoccupiamo di più se Damiano dei Måneskin lascia la fidanzata.
(parole di Max Zanotti)