Com’è stato il processo stavolta? Avete subito parecchia pressione?
Non è stato facile all’inizio perché eravamo reduci dalla pubblicazione di ‘Manifest’ in piena pandemia. L’anno successivo non ci siamo subito concentrati sulla scrittura ma abbiamo lavorato al concept ed alle idee. Per oltre un anno abbiamo lavorato separatamente, ogni tanto io e Elize ci confrontavamo e tutto questo tempo libero ci ha permesso di sperimentare quanto volevamo e di vivere il processo in maniera rilassata. Avere il concept pronto ci ha dato modo di archiviare tante ottime idee ed imprimere una direzione alle canzoni. Una volta in studio abbiamo messo insieme tutte queste piccole idee o registrazioni. ‘Manifest’ era nato in maniera del tutto opposta ovvero molto diretta e veloce. Eravamo appena tornati da un tour e in due mesi avevamo scritto una manciata di canzoni molto heavy, naturalmente con le influenze che ci portavamo dietro da ‘Helix’. In questo caso abbiamo cercato di rendere la produzione ancora più importante e seguire la stessa direzione abbattendo nuove frontiere. Non credo di sbagliare definendo ‘The Catalyst’ come il nostro lavoro più drammatico e cinematico. Non ci siamo posti alcun limite.
Hai anticipato la mia prossima domanda perché ti avrei chiesto dell’importanza della componente cinematica.
É molto importante a mio parere e lo è per tutte le rock band. La teatralità e l’elettronica danno forza agli arrangiamenti e la nostra priorità è intrattenere le persone. Questo rende fondamentale anche la stesura dei testi perché buona parte del nostro pubblico ama relazionarsi con essi.
Come ti sei relazionato con tre voci stavolta?
Dal punto di vista compositivo è una sorta di sogno divenuto realtà, perché possono scrivere tutto ciò che voglio sapendo che le linee vocali impreziosiranno qualunque idea. Spesso capiamo immediatamente chi dovrà occuparsi di una parte. Altre volte invece facciamo dei tentativi e spesso se non funziona subito scegliamo la soluzione più aggressiva. In ogni caso non ci sono problemi di ego tra Elize, Nils e Mikael perché tutti sono consapevoli che alla versione demo di una canzone possono essere aggiunti tanti colori diversi. L’equilibrio è sempre molto importante perché quando inserisci delle parti vocali devi fare attenzione a non coprire troppo chitarre, basso e batteria.
Sono rimasto molto colpito dalla versione alternativa di ‘Re-Vision’.
‘Re-Vision’ è sicuramente una delle tracce chiave del disco e la versione alternativa dimostra che non ci fermiamo mai, ma cerchiamo sempre di migliorarci e dare spazio a tutte le nostre influenze. Quando stavamo girando il video con Patric Ullaeus mi è venuta in mente la possibilità di aggiungere una intro elettronica o comunque allungare il pezzo per rendere il video ancora più eccitante. La mia preferita rimane però la title track perché è intensa e heavy come piace a me. Al suo interno puoi trovare tutto ciò che caratterizza gli Amaranthe. Il pre-chorus è abbastanza malinconico mentre il chorus aperto al massimo.
Qual è stato l’highlight in carriera?
É una domanda difficile perché ci sono tanti momenti davvero incredibili. Penso a quando abbiamo iniziato e suonavamo nei piccoli club o quando siamo stati invitati dai festival estivi per le prime volte e c’erano già pieno sotto palco alle quattro del pomeriggio. Sono segnali che ti riempono di orgoglio e danno grande carica. Adesso suoniamo anche per cinquantamila persone e ci godiamo ogni singolo momento come se non fossero passati più di dieci anni. A livello di concept cerchiamo di aggiungere sempre qualcosa, ma la visione è la solita di quando abbiamo iniziato.
Vi aspettiamo in tour con i Dragonforce.
Partiremo da Amburgo e finiremo a Londra, passando anche per l’Italia. Le prime date saranno speciali perché rappresenteranno un test importante per il nuovo materiale. Personalmente sono davvero curioso di vedere come saranno accolti pezzi come ‘Damnation Flame’, che presenteremo con una componente orchestrale tutta nuova, o ‘Insatiable’, una sorta di omaggio alle nostre radici.
(parole di Olof Mörck)