La musica è la tua forma d'arte preferita? Oppure sei attratta maggiormente da altre discipline artistiche?
Decisamente sì, la musica è sempre l’arte alla quale ritorno anche se ci sono delle fasi in cui tendo a fuggire dalla musica. Lavorando anche alla radio, la musica è sempre parte della mia giornata e quindi, fatalmente, a volte capita di volermi estraniare ed in quei frangenti mi rifugio nel cinema, che è la mia seconda grande passione.
Quali sono i registi che più ami?
Il nostro progetto è da sempre ricco di citazioni cinematografiche. Prima di tutto Jim Jarmusch, a cui abbiamo dedicato il primo disco, poi Terrence Malik di cui adoro la poetica. Sono stata a Mont Saint Michel apposta, perché ‘To The Wonder’ è stato girato lì. Raffaele dice che mi piacciono i film che fanno venire il latte alle ginocchia, quelli un po’ lenti con i dialoghi introspettivi. Di sicuro guardo molto alla fotografia e magari può piacermi se una storia d’amore viene narrata in maniera meno usuale.
Te l’ho chiesto perché nelle vostre canzoni ci sono tanti spunti differenti. Questo è parte della visione oppure semplicemente vi viene naturale perché vivete l’arte così?
Fa parte di noi stessi. Io e Raffaele intendiamo le canzoni come se fossero le scene di un film. Di conseguenza quando scriviamo un pezzo ci immaginiamo l’ambientazione nel quale il pezzo dovrebbe essere suonato o la storia che lo ha ispirato. ‘Cani Come Figli’ è nata da uno scenario in cui avevamo pensato una sorta di festa gitana. Come trovarsi attorno ad un fuoco a ballare e sentire i cani attorno. Nel nostro studio casalingo cerchiamo di ricreare tutto questo. Mattia Degli Agosti è riuscito a rendere sempre superiori i nostri suoni, ma alla fine il processo creativo è molto cinematografico. ‘Il Valzer Dei Tulipani’ è un pezzo ispirato a ‘Pane e Tulipani’ di Soldini.
Quanti cani avete?
Sia io che Raffaele ne abbiamo uno ciascuno. Mia madre però ne ha sette e in casa sua ne arrivano sempre di nuovi. Magari tra un paio di mesi ce ne sarà qualcuno in più. É una sorta di famiglia allargata.
Perché avete impiegato così tanto a tornare? Immagino che abbiate avuto delle pressioni visto che il debutto è andato molto bene.
In realtà l’idea del progetto è di essere totalmente liberi e non essere legati a niente. E’ ovvio che i tempi moderni ti portano ad avere un po’ di pressioni. Qualcuno aspettava il nostro disco e ci faceva logicamente piacere. Abbiamo cominciato a scrivere i nuovi pezzi subito dopo l’uscita del primo disco perché siamo consapevoli della lunghezza dei nostri tempi. Le nostre canzoni sono molto stratificate, io sono sicuramente pignola e poi perché, come ha detto John Lennon “la vita ti accade mentre te sei impegnato in altri progetti”. Ci sono successi tanti eventi personali che hanno rallentato l’uscita di ‘Cani Come Figli’.
Quindi il processo è stato rilassato?
Alla fine abbiamo tirato parecchio per fare uscire il disco, ma in generale non vogliamo farci fagocitare dall’ansia. Diciamo che ce n’era solo un po’ e più per colpa mia. Raffaele è più equilibrato di me.
Vuoi parlarci di ‘Venere Senza Colori’?
É stato il primo pezzo completato e l’abbiamo scelto come primo singolo perché è una specie di sintesi di ciò che volevamo esprimere. È la fotografia perfetta di quello che siamo musicalmente in questo momento e ci trovo qualcosa dei Beirut.
Come costruite le linee vocali?
Le canzoni nascono per chitarra e voce. A volte c’è un testo che gira nella testa e ci costruiamo qualcosa. A volte invece parte tutto da una melodia. Dopo aggiungiamo colori e stratificazioni. Il lavoro di produzione è importante e avviene anche con Mattia, che poi è il nostro batterista quando suoniamo dal vivo. La situazione in cui registriamo è molto bella. Ci sediamo su un divano e, dopo qualche bicchiere di vino, parliamo di delay, strofe o strutture musicali. ‘Venere Senza Colori’ per esempio è stata lavorata parecchio. Alcuni pezzi contengono decine di sovraincisioni mentre in altri casi gli errori finiscono sul disco e ci piace così.
Quanto è difficile fare musica indipendente in Italia?
É veramente complicato. Devi avere una vera e propria vocazione. Magari stiamo vivendo un ciclo. Attualmente percepisco una scarsa attenzione e questo rende difficile catturare l’attenzione del pubblico. Rispetto a qualche anno fa ci sono molti più input. Io stessa faccio più fatica ad innamorarmi di un disco o riascoltarlo più volte. C’è in ogni caso ancora unione tra i musicisti e questo lo dimostrano le collaborazioni del disco. Da Carmelo Pipitone ai Corimè, passando per Filippo Cornaglia, hanno lasciato qualcosa di loro in ‘Cani Come Figli’.
E per voi la musica è artigianato perché avete creato un vinile fantastico. C’è anche una discorso ambientale dietro alla sua fabbricazione..
Io e Raffaele siamo entrambi vegetariani e quindi attenti a tutto ciò che è legato al mondo degli animali ed all’ambiente in generale. Un giorno ho sentito Jack White parlare di materiale di recupero per stampare i propri vinili e così mi sono informata se in Italia ci fosse qualcuno che lavorasse in modo meno impattante. Ci siamo imbattuti nella Mother Tongue di Verona che utilizza materiale di scarto per fabbricarli. La cosa curiosa è che non puoi sapere di che colore sarà il tuo vinile perché dipende dagli scarti. Ogni vinile poi è unico. Magari ci sono quattro colori come matrice ma si mischiano tra loro creando anomalie cromatiche interessanti. Anche il resto del vinile è realizzato con carta riciclata.
Qual è stato il live più eccitante fino adesso?
Un paio di mesi fa abbiamo suonato in una yurta nei pressi di Cuneo. Giovanni Risso l’ha recuperata prima che venisse distrutta e ci organizza dei live gratuiti. Puoi fare una donazione per fare sì che l’anno prossimo possa organizzare altri eventi. Ci siamo sentiti davvero a casa nostra. Tutti erano attenti all’ascolto ed è stato meraviglioso.
E qual è la band che più ti ha sconvolto in questi anni?
Si chiamano HeyHimalaya. Mi hanno colpito tantissimo. Meriterebbero, ma purtroppo questo mondo non fa più per noi…
(parole di AmbraMarie)