Avete pubblicato un sacco di singoli e EP, ma solo due album. A cosa è dovuto questo lungo silenzio discografico?
Il nuovo album è praticamente finito, da circa sei mesi, e stiamo finalizzando l’uscita che avverrà nei prossimi mesi. Col disco precedente abbiamo scelto di non appoggiarci ad una label ma stavolta sarà diverso. Il salto da ‘The Great Sun’ a ‘Under The World’ è stato importante. Abbiamo provato delle soluzioni differenti, evitando di pubblicare qualcosa tanto per farlo, e poi è arrivata la pandemia con tutto quello che ha comportato. In ogni caso impieghiamo sempre un po’ di tempo per comporre.
Cosa dobbiamo attenderci in termini sonori?
Ci saranno tanti ospiti. Non posso rivelarli adesso, ma è eccitante averli sul disco. La produzione sarà senza dubbio più potente. Abbiamo lavorato con Billy Howerdel degli A Perfect Circle e ci siamo messi alla prova sotto tanti aspetti. Sarà un disco più rock e live oriented e stasera vi faremo ascoltare qualcosa.
A proposito di stasera, come vi siete trovati in tour con i Crosses?
In passato abbiamo suonato più volte con i Deftones e siamo amici con Chino Moreno. Credo che Crosses e Vowws formino una bella accoppiata.
Qual era la vostra visione quando avete iniziato a suonare insieme e quanto sono cambiati i vostri obiettivi in tutti questi anni?
Quando abbiamo cominciato a suonare insieme io e Arezo venivamo da esperienze in band da quattro-cinque elementi. Ci siamo trasferiti negli Stati Uniti e ci siamo trovati bene in due. Per portare dal vivo i pezzi di ‘The Great Sun’ usavamo dei drum samples e delle basi quindi era un po’ limitante ma comunque ci piaceva. A quel punto siamo passati a qualcosa di maggiore impatto con ‘Under The World’, ci siamo espansi e le limitazioni sono svanite. Col nuovo album ce ne saranno ancora meno con batteria e basso. Per alcuni potranno sembrare dei piccoli cambiamenti, ma in realtà è cambiato molto a livello di prospettiva.
Se cerco Vowws in rete trovo tanti generi come industrial, post-punk, electronics, art-rock ecc…
Hai ragione, per questo ci chiamiamo death pop. Alla fine si adatta bene alla nostra musica. É pop, ma è anche maledettamente dark. Non facciamo comunque troppo caso a come ci descrive la gente. Facciamo rock, usiamo i synth e cerchiamo di trasmettere qualcosa alle persone. Magari abbiamo delle influenze comuni con altre band, ma siamo originali.
Gruppi come i Crosses per esempio?
Sicuramente, ma anche Sigur Rós, Nine Inch Nails o roba degli anni ottanta. Ascolto pure tanti podcast.
Qual è stato il momento più difficile in carriera? E invece l’apice?
Il momento più difficile è stato senza dubbio l’esplosione della pandemia. Eravamo in Inghilterra, di supporto a Poppy, e di colpo gli show sono stati cancellati e siamo dovuti tornare a casa. Per diversi mesi non sapevamo come guadagnarci da vivere. Non abbiamo suonato per quasi un anno e mezzo ed è stato terribile. L’apice è stato forse uno show al Dover Street Market Ginza di Tokyo. Ci sono voluti cinque giorni per recuperare il jet lag ma non avevamo mai visto nulla del genere. Tra poco ci esibiremo al Golden Gate Park con System Of A Down e Deftones e sono già stati venduti più di cinquantamila biglietti. Siamo un po’ nervosi a riguardo.
Com’è stata la collaborazione con Munky dei Korn per il suo progetto Venera?
É stato davvero bello. Prima ci siamo parlati e poi abbiamo lavorato in remoto. Chris vive ad Atlanta, ha scritto la base del coro e io ho aggiunto i versi. Poi abbiamo aggiustato la traccia perché funzionasse al meglio. Spero che possano suonare presto dal vivo.
Quali sono i vostri piani invece?
Dopo questo tour e la data in agosto che ti dicevo, ci concentreremo sulla release del nuovo album e sul prossimo tour che ci auguriamo sia ancora più capillare.
(parole di Matt Campbell)