Ho incontrato l’autrice di ‘Un Minuto’ e ‘Lontani’ nel backstage della terza edizione di Next Generation Festival, di cui trovate il report a questo link:
Non solo la sua esibizione è stata tra le più applaudite di una giornata che ha visto salire sul palco tra gli altri anche BNKR44 e Ditonellapiaga, ma la sensazione è stata quella di trovarsi al cospetto di un talento unico. In un contesto legato ai giovani, ispirato dalle loro idee e pensato per trasmettere messaggi e insegnamenti importanti in ottica futura, Nicole Bullet può essere davvero identificata come il simbolo di una nuova generazione culturale che desidera imporsi in un’industria mainstream in perenne fase di transizione. La sua voce arriva al cuore, la sua bellezza è pura, come se ne vedono poche in giro, e la sua capacità di muoversi con leggerezza tra pop e elettronica riflette una sorprendente maturità compositiva.
Perché siamo lontani?
Essere vicini è rischioso.
Perché rischioso?
Perché se si è troppo vicini si rischia di sbagliare. Si deve dimostrare troppo di noi stessi.
Cosa hai provato quanto ti hanno invitata a Next Generation Festival, un evento pensato sostanzialmente per giovani?
É stato un grande onore perché spero che tutti i giovani possano esprimere quello che hanno dentro. A volte subiamo le pressioni della società o della famiglia che ci spingono a fare un po’ quello che ci si aspetta. Un giovane invece non deve necessariamente soddisfare delle aspettative esterne ma seguire le proprie ambizioni e cercare di realizzare i propri sogni a prescindere dalle difficoltà che finirà per incontrare. Quando ho finito la scuola mi sono trasferita a Londra per studiare musica, anche se è stato un azzardo perché comunque l’industria musicale non è certo l’ambiente più facile. Fare successo nella musica significa percorrere una strada difficile, ma non cambierei per nulla al mondo la mia vita di adesso perché è l’unica cosa che mi trasmette veramente gioia. Credo che ogni percorso artistico sia così per tutti i ragazzi che hanno certe inclinazioni.
Com’è stata la tua esperienza a Londra? Ormai sono sempre di più i ragazzi che si trasferiscono all’estero per studiare o lavorare e che magari non tornano nemmeno più nel nostro paese.
Per me è stata un’esperienza molto dura. Non lo voglio nascondere. Non è semplice ritrovarsi in una nazione straniera dove non hai nessun riferimento e nessuna radice. É stata in ogni caso una parentesi della mia vita importante perché ho avuto l’opportunità di confrontarmi con realtà completamente diverse dalla mia e ho cercato di assorbire tutto ciò che vedevo intorno a me. Ho fatto l’università lì e ho potuto comporre con artisti inglesi o provenienti da altre parti del mondo e misurarmi con un approccio alla composizione differente dal mio. É stato fondamentale per la mia crescita personale.
Sul palco del Teatro del Maggio Fiorentino hai detto una cosa bellissima ovvero che quello che ti interessa maggiormente come artista è connetterti col pubblico. É questo il motivo per cui hai deciso di cantare in lingua madre?
All’inizio cantavo in inglese perché avevo difficoltà ad esprimermi in italiano. Mi sembrava di essere troppo vulnerabile a scrivere nella mia lingua perché era chiaro che venisse fuori in maniera più palese e naturale ciò che volessi esprimere. In inglese invece sentivo come se ci fosse una barriera tra me e quello che desideravo raccontare. Quando ho superato questo ostacolo è diventato più facile scrivere in italiano soprattutto per la profondità di quello che voglio raccontare.
La produzione è rimasta molto internazionale però perché hai un sound spettacolare.
Ti ringrazio. Sono influenzata da tante artiste straniere come Taylor Swift o Charli XCX e vorrei che in Italia si potesse sovvertire questa tendenza che non favorisce troppo le donne nell’industria musicale. Se guardo all’estero e vedo le premiazioni degli American Music Awards o dei Grammy Awards spesso sono le donne a dominare la scena, mentre in Italia non c’è tutto questo spazio. Mi piace l’idea di proporre un pop con un sound internazionale, ma adattato ad una scrittura di stampo cantautorale italiana.
In ‘Un Minuto’ dici “Comunicare, forse non fa per noi”. Quanto è difficile comunicare ai giovani?
Non credo sia difficile perché gli strumenti sono tantissimi. É difficile comunicare le cose giuste perché siamo sopraffatti dai messaggi sbagliati o da argomenti poco rilevanti e spesso troppo carichi di informazioni e di contenuti sui vari social. Sono convinta che sia importante mantenere elevata la qualità di ciò che si vuole raccontare perché i mezzi ci sono tutti.
Pensi di avere raggiunto la tua identità sonora con ‘Lontani’ o dobbiamo attenderci un’altra svolta in futuro?
Ritengo che ‘Lontani’ sia il sound pop che ho sempre voluto raggiungere e che sto continuando a sviluppare. Ho scritto anche dei pezzi più lenti che non sono stati ancora pubblicati come singoli e che secondo me meritano dello spazio.
L’idea è di pubblicare un full lenght nel breve periodo?
Sto lavorando a dei nuovi pezzi ma penso che per il momento procederò a pubblicare dei singoli. Avevo in mente di pubblicare un altro singolo sulla scia di ‘Lontani’, ma forse pubblicherò qualcosa di più vulnerabile.
Cosa ti ha donato essere ospite al Next Generation Fest?
Ho sentito tutta la passione di chi l’ha organizzato e ho capito il messaggio della manifestazione ovvero spronare i giovani a trovare il loro spazio che sia a livello imprenditoriale o artistico. Qualunque siano le loro ambizioni devono continuare a seguirle e proseguire sulla strada che hanno deciso di intraprendere.