-Core
Raime
UK
Pubblicato il 11/10/2013 da Lorenzo Becciani

Tutto di corsa. L'infernale traffico di Firenze ed un parcheggio impossibile da trovare. Ma quando arrivo trafelato nella splendida Piazza del Carmine, nel quartiere di San Frediano, e Tom Halmstead e Joe Andrews si affacciano dal portone che nasconde la corte adiacente alla pregevole Sala Vanni la fatica tutto ad un tratto scompare e le note di uno strano organo cominciano a rimbombare tra quelle fredde pareti. Il carattere mite e socievole dei due artisti britannici contrasta apertamente con la loro musica cupa e sconvolgente. Non c'è il desiderio di scandalizzare nelle loro parole. Non si percepisce il medesimo cinismo tranne quando l'esibizione inizia e le visioni claustrofobiche che accompagnano il dj set assalgono gli spettatori. Nessuno attualmente riesce a descrivere così bene gli incubi metropolitani a cui siamo sottoposti quotidianamente, quella negazione del ritmo, quelle ossessioni disturbanti che sfumano nel doom e nell'avanguardia rimanendo in bilico tra disordine e razionalità. In attesa di valutare le prossime mosse dopo averci regalato uno dei dischi di elettronica pura più avvincenti degli ultimi anni, 'Quarter Turns Over A Living', ecco le loro risposte.

Come è stato il vostro soggiorno a Firenze? Siete riusciti a visitare qualcosa?
Abbiamo girato un po' qui attorno. Due giorni non sono molti ma siamo stati al Giardino dei Boboli ed è veramente straordinario.

Ricordo un fantastico concerto dei Sigur Rós..
Ci credo. E' una location pazzesca.

Magari la prossima volta suonerete lì...
Non sono sicuro che la nostra musica funzioni all'aperto..

Prima di tutto vorrei che mi aggiornaste sui vostri piani. State per pubblicare qualcosa giusto?
Tra sette giorni sarà disponibile la prima release dei Moin. Abbiamo deciso di cambiare nome perché questo è un progetto differente. Quasi una band vera e propria con basso, chitarra ed un approccio più libero vicino al metal. In questo modo possiamo concentrarci maggiormente sulle performance mentre la musica dei Raime è estremamente concettuale e meno immediata. Avevamo bisogno di rinfrescarci. Faremo un altro paio di show poi è previsto un tour in America ed in Russia. Ci stiamo divertendo quindi non abbiamo ancora le idee chiare di quello che faremo in futuro.

Tutte le vostre release sono esaurite sullo store della Blackest Ever Black. Pensate di ristamparle in futuro?
Penso di no perché ci piace l'idea che abbiano avuto il loro tempo. Sappiamo che in molti vorrebbero le copie originali ma come artisti siamo legati ad un'idea di progressione. E le persone consumano l'arte in continuazione.

Non sembrate per niente social. Niente Facebook, niente Twitter e nemmeno un sito ufficiale. Sembra proprio che vi piaccia nascondervi dietro la Blackest Ever Black..
Non è tanto una questione di nasconderci. E' più un'assenza di comunicazione. Ci viene naturale perché preferiamo altri mezzi di comunicazione. Per esempio abbiamo organizzato questa intervista tramite posta elettronica e mi piace quel livello di dialogo. Immagino che in futuro avremo un sito tutto nostro e c'è qualcuno che ha creato una pagina Facebook non ufficiale ma amiamo comunque rimanere più sul personale.

La vostra proposta è un fantastico mix di diversi stili elettronici. Quali sono le vostre influenze primordiali?
Le cose della Mo' Wax, dj Shadow, dj Krush, Cabaret Voltaire, Ike Yard, trip hop e techno di Detroit. Tutto era molto legato al concept ed alle atmosfere. Siamo cresciuti insieme a Reading e ci scambiavamo dischi come tutti gli altri ragazzi. Eravamo adolescenti e cominciammo ad essere attratti da questa tipologia di musica nella quale dovevi immaginarti ogni aspetto.

E' stato difficile trovare il vostro sound?
Non so se l'abbiamo ancora trovato. Esploriamo in continuazione e ricordo quanta roba abbiamo buttato agli inizi di carriera. Non volevamo finire tra gli emulatori e nei nostri archivi ci sono tantissimi remix delle canzoni che abbiamo pubblicato.

Provate fastidio ad essere etichettati come dubstep?
Non credo che sia appropriato e forse non è nemmeno un'influenza. Sarebbe comodo seguire il trend del momento ma non fa al caso nostro. Sento parlare di scene ma siamo tutti più vicini. Non è come una volta che ogni scena aveva il suo suono distintivo. Per esempio in quella inglese adesso c'è un sacco di roba sperimentale che potrebbe diventare importante da un momento all'altro. Siamo comunque più interessati al messaggio da trasmettere.

Come vi siete evoluti dalle prime release fino ad oggi?
Le nostre influenze sono più incorporate nelle canzoni. Siamo più bravi a conciliare il tempo e chiari in quello che vogliamo ottenere. Capiamo subito quando qualcosa non funziona e c'è sicuramente meno pressione di prima.

Da dove avete tratto ispirazione per un mood tanto oscuro e claustrofobico?
Probabilmente è la combinazione di più fattori. Un sentimento primitivo...

Dopo avere pubblicato tre ep come è stato il vostro approccio ad un full length?
Avevamo deciso di donare più spazio alla nostra musica e così facendo abbiamo potuto inserire strumentazione live in modo consistente. 'Hennail' era senza dubbio più percussivo. Le registrazioni si sono svolte nel nostro studio personale ed in una sala prove che viene utilizzata da diversi musicisti a cui abbiamo chiesto di suonare violoncello, batteria e chitarra. La post produzione è stata faticosa perché è stato necessario selezionare tutte quelle registrazioni ma in generale il processo è stato più rilassato e con interazioni maggiori con l'esterno.

Trovate difficoltoso adattare la vostra musica al live?
Ci sono voluti tre anni per diventare come siamo adesso. Un sacco di pratica in studio. E' molto difficile anche trovare le giuste location per suonare. Un disco club per esempio non farebbe al caso nostro. Ci sarebbero aspettative differenti da quelle che vogliamo creare.

L'estetica è naturalmente fondamentale per voi. Come selezionate i video che accompagnano le vostre esibizioni?
All'inizio usavamo immagini di Werner Herzo e Andrei Tarkovsky. Adesso collaboriamo con la Dakus Films che hanno realizzato una serie di filmati tra cui alcuni slow motion del ballerino portoghese Romeu Runa tra acqua e fuoco. Li conosciamo profondamente e ci fidiamo di loro. In questo modo possiamo mantenere il controllo artistico.

Quali sono a vostro avviso gli appuntamenti più interessanti di questa edizione del Nextech Festival?
Sicuramente Mount Kimbie.

Chi è stato più innovativo tra Nicolas Jaar, Holy Other e Datsik?
I primi due anche perchè non conosciamo il terzo..

Raime
From UK

Discography
Quarter Turns Over A Living Line (2012)
Tooth (2016)