Il music business ruota attorno a tre soggetti principali ovvero le band, le etichette ed il mercato. Visto che negli ultimi anni ne hai fatto parte come musicista ma hai conosciuto anche tutto quello che concerne la promozione e la distribuzione sul territorio, a quale stadio di incertezza pensi che siamo arrivati? Vedi soluzioni in vista? Pensi che come tutti i periodi di transizione dal punto di vista creativo ci possano essere benefici per le band più coraggiose?
La fase d’incertezza penso che sia superata ed ora stiamo scivolando, neppure troppo lentamente, verso un baratro senza una fine. Purtroppo. Non mi sarei mai immaginato una fine così indecorosa per un mercato sì di nicchia, ma che ha ed ha avuto parecchi estimatori e sostenitori. La musica pe(n)sante e l’arte in generale non hanno più quel fascino dissacrante e di rottura che aveva anche solo dieci anni fa. La sottile linea che delineava l’artista dal fan si è molto assottigliata, in moltissime situazioni è addirittura sparita. Principalmente è dovuto alla facile reperibilità della musica in rete ed al fatto molto importante, che al giorno d’oggi tutti si è sottoposti ad avere una visibilità, una connessione, una iper-attività telematica che altrimenti ci farebbe sentire fuori dal mondo. Anche la casalinga per esempio è sottoposta a questo processo di spersonalizzazione e visibilità senza rendersene conto. Figurarsi chi vuole e deve farsi conoscere, promuovere un prodotto, vendere la propria musica. Tutti siamo diventati promoter, etichette, agenzie, giornalisti, musicisti e ci siamo trasformati. Non esiste più il fan che va ad assistere un concerto per il piacere di farlo. Ci sono altri musicisti che sono lì a guardarti. I pochi dischi che si vendono sono tra amici e musicisti. Tutti sono qualcuno. Il risultato è la saturazione del mercato. Troppi prodotti, moltissimi di scarsa qualità artistica e poca richiesta se non all’interno di una stretta cerchia di persone. L’essere sempre connessi ha ucciso la passione, ci sentiamo più vicini tra di noi ma poi siamo terribilmente soli. Più di prima. Non vedo soluzioni in vista. Ci sarà sicuramente un livellamento della qualità mentre la quantità crescerà ancora. Solo pochi continueranno con passione come stanno facendo adesso. Ci sarà sicuramente un ricambio generazionale ma la fruizione ed il consumo della musica sarà diverso. Vedo un moto perpetuo che non potrà che giovare a band che vorranno e dovranno spingersi oltre sperimentando per stimolare ed interessare con la sincerità e l’onestà intellettuale quei pochi fans che vorranno supportarli. Sarà una nuova sfida.
Dittatura è un termine dall’accezione quasi esclusivamente negativa. Anche quella del rumore?
In termini generali è un’ accezione negativa. Sicuramente. La storia ci insegna cosa vuol dire dittatura. Ma anche la vita di tutti i giorni. Ovunque c’è ed esiste la dittatura. Tra esseri umani, anche in rapporti d’amicizia. Nei sentimenti. L’amore è una sorta di dittatura. La vita è dittatura. Siamo obbligati, seguendo regole e sotto minaccia a vivere secondo schemi già costituiti. Quindi siamo tutti in una dittatura. La vita è dittatura. Solo la morte è anarchia e libertà. Con la morte saremo liberi. Ma questa è un ‘altra storia. Nel nostro caso specifico siamo sempre stati sotto dittatura. Che è quella del rumore. La band fin dalla nascita e nel corso della sua esistenza ha vissuto a stretto contatto con il rumore che ha fatto sue le nostre menti ed anime. Nel rumore c’è dittatura e quindi è dittatura. Il titolo dell’ album sintetizza questo concetto, o meglio abbiamo cercato un titolo che potesse dare varie chiavi d’ interpretazione. I temi trattati, non in modo diretto, ma metaforicamente descrivono un particolare periodo storico del nostro paese. Un periodo delicato. A livello politico e sociale. Vivevamo sotto una democratica dittatura imposta dal blocco atlantico. C’era tanto rumore. E tanto fumo. E tante morti. Quelle morti fanno rumore. Quelle morti non rivendicate di povera gente fanno rumore. Combattenti e gente comune che per il bene della libertà, hanno cercato di combattere questa democrazia dittatoriale o appunto dittatura democratica, sacrificando la loro vita . Tutto ciò fa rumore.Musicalmente parlando con il titolo abbiamo voluto enfatizzare la difficoltà nell’avere a che fare con il rumore. E’ stata una dittatura. Una dittatura e soprattutto disciplina musicale. Volevamo, come sempre nei nostri intenti, sperimentare e portare ad un livello sempre più alto la nostra conoscenza e limite nel comporre qualcosa di disturbante e fastidioso. Dovevamo essere rigidi con noi stessi, nelle scelte di suoni per esempio, nelle ritmiche e nella coesione tra l'elettronica e gli strumenti classici. Abbiamo tirato fuori quaranta minuti di musica buttando via molto altro che non ci stava soddisfacendo. Ci siamo imposti un regime. Sperimentare ma questa volta cercando di chiedere l'impossibile alle nostre poveri menti. La dittatura è stata auto imposta.
Qual è la tua definizione di rumore?
Il rumore è qualcosa che hai dentro. Non tutti gli artisti e creatori di musica, hanno precise caratteristiche. C'è chi è bravo a scrivere melodie fantastiche, chi è bravo a comporre delle vere e proprie sinfonie e chi da il meglio di sé con il rumore. Il rumore è musica. Non vedo una differenza tra il suono ed il rumore. Anche tecnicamente parlando. Il rumore ha delle note. Stridule, fastidiose e può essere prodotto in svariati modi. Non per forza con strumenti non convenzionali come fanno i maestri Einsturzende Neubauten. Il rumore è la sintesi di un disagio. E' il risultato di un malessere interiore che si tramuta in note. Il rumore è vero. Se stai male e vuoi vomitare fuori i tuoi demoni, e se hai un minimo di sensibilità musicale non puoi far altro che creare rumore. Il rumore è musica da terapia.
Qual è invece il tuo concetto di psichedelia?
La psichedelia è sorella del rumore. Più dolce e accogliente del rumore. Ma arriva dallo stesso albero genealogico. Vale lo stesso discorso. La psichedelia, oltre ad essere indotta magari da determinate sostanze, o ce l'hai dentro oppure nulla. Devi essere portato per avere il rumore e la psichedelia. Si tratta di evoluzione dovuta ai nostri tempi. Stiamo attraversando momenti bui e poco rassicuranti, dove il futuro si allontana facendoci un bel dito medio. Per non impazzire facciamo rumore e psichedelia. Tante band stanno nascendo con un suono accomunato da questi due fattori. Chiediamoci il perché. C'è un motivo. Siamo frustrati, stanche, depressi. Il rumore e la psichedelia sono correnti musicali e stati della musica perfetti per descrivere queste sensazioni tangibili nell'animo umano. Siamo malati e, ripeto, il rumore e la psichedelia, sono terapie.
‘Lotta Continua’ e ‘ProfondoPiomboRosso’ sembrano avere a che fare con un periodo storico delicato della nostra storia. Vuoi analizzarle nello specifico?
Un po' tutto l'album, a livello lirico ruota intorno ad un periodo storico e sociale della nostra sanguinante ed agonizzante storia. Ma questi due pezzi identificano e simboleggiano il concept lirico dell’album. Non abbiamo voluto scrivere messaggi di protesta od avere un determinato messaggio politico, ma attraverso la nostra visione dare un 'interpretazione su ciò che abbiamo vissuto sulla nostra pelle. Noi, popolo che ha subito angherie e soprusi da una democrazia dittatoriale in un determinato periodo storico. Sono sempre stato appassionato di storia contemporanea, e negli ultimi anni ho approfondito gli anni sessanta, settanta e tutta la situazione del terrorismo politico in Italia. Ho scoperto libri e documenti interessanti che all'opinione pubblica sfuggono, non perché li snobbano, ma perché non ne sono a conoscenza. Lo status quo ed i mass media che impongono una certa cultura alle masse, censurano determinate correnti di pensiero che la maggior parte delle volte sono messaggi di verità E' scomodo per qualcuno far venire a galla la verità anche a distanza di trent'anni sui vari omicidi di Moro e Calabresi o su Pinelli. Non c' è mai stata chiarezza e penso che mai ce ne sarà sulla nostra storia recente. E troppa povera gente innocente ha perso la vita. Non abbiamo voluto schierarci, ma semplicemente riflettere su cosa è accaduto in quel periodo.
Sono trascorsi quattro anni da ‘Fine’. Avete realizzato uno split ma comunque si tratta di un lasso di tempo notevole. Vuoi spiegarci i motivi che vi hanno impedito di tornare prima nei negozi?
Sono passati tre anni dall'uscita di 'Fine' ed uno dallo split della Subsound Records. In questi tre anni abbiamo suonato un po' e cercato di comporre nuovi pezzi. E' un lasso di tempo importante se si considera il mercato discografico, soprattutto in un periodo di saturazione, dove devi essere sempre sulla cresta dell'onda se si vuol essere ricordati e non sparire nell'anonimato. E' un lasso di tempo giusto per una band come la nostra. Non lo facciamo di professione e neppure lo vorremmo fare. Avremmo fatte scelte artistiche diverse in passato. Componiamo seguendo un istinto compositivo che ci fa andare avanti e solo esclusivamente quando abbiamo qualcosa da dire. Se guardi la nostra discografia i tempi da un disco e l'altro sono sempre di due o tre anni. Le canzoni che abbiamo composto per lo split erano pronte nel 2012 poi l'uscita è un po' slittata per vari problemi burocratici. Nel frattempo siamo andati avanti con i pezzi del nuovo album. Considerando che abbiamo avuto un intoppo a livello di line- up e poi ora siamo tutti più vecchi e le cose le facciamo in modalità molto slow, direi che i tempi sono giusti.
Ritieni che adesso la line-up sia stabile?
Per come si erano messe le cose negli ultimi mesi con il precedente chitarrista, ora la line-up è più che stabile. E' coesa su unico obiettivo che ci siamo prefissati, sia a livello artistico che umano. Siamo stati molto fortunati nel trovare Paolo, che si è buttato con tutto il suo entusiasmo e professionalità nell'avventura Infection Code. Potevamo rimanere fermi mesi o anni o addirittura scioglierci. Trovare persone serie e professionali, che amino e conoscano il genere che proponiamo è molto difficile. Fortunatamente Paolo è arrivato al momento giusto e ci ha permesso di andare avanti. E' stato importante il suo apporto compositivo nella stesura dell'album.
Alcune copertine passate erano decisamente minimali. Quella del nuovo album è immediata e ricca di simboli. Cosa avete chiesto in particolare a Marco Castagnetto?
Oltre ad essere un grande artista, è anche un caro amico. Non gli abbiamo chiesto nulla di più se non quello di essere libero da ogni paletto artistico. Ci è piaciuta sin da subito la sua visionarietà ed il suo modo molto originale di creare immagini e mondi. Ci piace molto il suo modo di dipingere. Non abbiamo chiesto nulla di particolare ma semplicemente gli abbiamo dato carta bianca. Ha ascoltato alcune versioni demo dei pezzi e in linea generale su cosa erano incentrate le liriche. Ha fatto un grande lavoro e tutto l’artwork rispecchia alla perfezione ciò che è la musica dell’album.
Come siete entrati in contatto con Argonauta Records? Quali sono le band che apprezzate di più nel loro catalogo?
Conoscevamo Gero da molto tempo. Abbiamo collaborato ai tempi della Masterpiece e quando avevamo un po’ di pezzi pronti ci siamo proposti. Siamo entusiasti del suo lavoro e della sua professionalità. Pur essendo ancora una realtà piuttosto piccola è la casa discografica che fa al caso nostro. Sa come promuoverti al meglio sfruttando tutti i canali, dando un grande valore al lato artistico della musica.
Nella presentazione l’etichetta consiglia l’album ai fans di Neurosis, Skullflower e Godflesh. Scegli una canzone significativa di ognuna di queste band e recensiscila per noi…
La musica di queste tre band non è cosa semplice da descrivere con delle sterili e fredde parole. Necessiterei di un vocabolario forbito ed una conoscenza della musica che va oltre lo scibile umano. Sono tre band a cui dobbiamo molto , sotto tanti aspetti, sia musicale che anche di attitudine e ci fa davvero piacere che la gente ci accosti a loro. Non è semplice scegliere un album della loro discografia, figurati una canzone. Posso dire che tutti all’interno della band amiamo ‘Through Silver In Blood’ dei Neurosis e ‘Streetcleaner’ dei Godflesh ma anche tutta la loro discografia ci ha regalato grandi emozioni. Sono stati album che ci hanno segnato e sono usciti in un periodo di grande fermento artistico dove sperimentare ed andare oltre determinati schemi stilistici era davvero una cosa fuori dal comune. Non hanno mai abbandonato la voglia di cimentarsi in nuovi percorsi evolutivi, creando movimenti e correnti musicali che sono state fondamentali per la storia del rock. Se i Neurosis ed i Godflesh, pur mantenendo la loro grande personalità, hanno un po’ sdoganato il noise e l’industrial verso nuove forme musicali, gli Skullflower hanno intrapreso un percorso inverso. Un percorso verso gli inferi, cercando soluzioni disturbanti e sempre più rumorose. L’album ‘III The Gatekeeper’ è una summa di malattia e delirio.
L’album è stato registrato e prodotto sotto la supervisione di Mattia Cominotto. Cosa vi ha spinto a questa scelta? Che tipologia di sound desideravate ottenere?
E’ stata la prima volta, dopo ‘Sterile’, quindi dopo dieci anni, che ci siamo affidati ad un ‘unica persona nella produzione completa di un disco. Prima, con ‘Intimacy’ per esempio, Billy Anderson aveva lavorato sul mixaggio ed il mastering, stessa cosa Eraldo Bernocchi su ‘Fine’ e lo split uscito per la Subsound. Con Mattia avevamo già lavorato in precedenza nelle recording sessions di questi due album e su quest’ultimo volevamo ritornare ad sola una persona che seguisse il processo completo. Dalla registrazione al mastering. I Green Fog sono diventati un po’ come la nostra seconda casa. Si è instaurato fin da subito, ed ormai è da qualche anno, un feeling che va oltre il discorso musicale ed artistico. Anche a livello umano e per attitudine ci sentiamo molto vicini. E poi il sound è proprio quello che da un po’ di anni stavamo cercando. Non è facile lavorare con noi, cercare di rendere omogeneo il nostro rumore. E’ una continua sfida che a Mattia ha affascinato fin da subito. Siamo estremamente soddisfatti di come è uscito l’album. Suona e fa male.
Ai Greenfog Studios di Genova avete trovato la strumentazione necessaria o avete aggiunto qualcosa in particolare? Puoi svelarci qualche dettaglio tecnico delle registrazioni?
Non abbiamo aggiunto nulla perché i Green Fog sono adatti a livello di strumentazione a ciò che desideravamo. Fin dalla composizione ci siamo prefissati di ottenere un determinato suono e solo i Green Fog potevano rendere e far sì che questo si avverasse. Le registrazioni sono avvenute in un clima disteso e molto sereno , nonostante la materia da trattare non sia stata molto rilassante. Tutto è avvenuto in pochi giorni. Abbiamo lavorato molto in fase di pre-produzione nella nostra sala prove soprattutto grazie ad Enrico che si sobbarcato una mole di lavoro importante e notti insonni cercando di dare già prima di entrare in studio, un’identità ai pezzi. Questo ci ha permesso di lavorare in modo molto più tranquillo già con un obiettivo ben preciso su cosa volevamo ottenere.
Quali sono i prossimi piani dal vivo?
Stiamo cercando di organizzare più date possibili per questa estate e poi proseguire nell’autunno. Non ci vogliamo fermare e vogliamo cercare di sfruttare al massimo il nostro tempo libero per promuovere l’album. Non sarà facili per molteplici motivi. Uno fra tutti, la costante ed ormai cronica mancanza di spazi per bands come la nostra. Stiamo anche cercando di poter fare qualcosa all’estero.
Trovi che ‘La Dittatura Del Rumore’ possa segnare una svolta per la band in termini di esposizione estera?
Probabilmente con il cantato in italiano potrebbe esserci maggior curiosità all’estero ma potrebbe anche sortire l’effetto contrario. Con l’etichetta stiamo lavorando su più fronti e mai come oggi abbiamo i mezzi per espandere il nostro nome anche all’estero. Abbiamo una distribuzione, capillare in tutta Europa e negli Stati Uniti, un nuovo sito e a giorni lanceremo il video di ‘Vuotavertigine’ in alcune piattaforme anche all’estero. Tutti strumenti che ci aiuteranno ad avere più visibilità.
(parole di Gabriele Oltracqua)