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Pistoia Blues
Il trionfo di Paolo Nutini

Dopo due giorni in cui l’organizzazione – attraverso la consolidata rassegna Storytellers – ha proposto linguaggi sonori differenti e potuto valutare quella che è la risposta dei più giovani in un contesto istituzionale come Pistoia Blues, la chiusura del festival è stata all’insegna della grande musica e di una eccellente risposta di pubblico. In apertura a Willie Peyote, si sono fatti notare prima Giorgia Giacometti, artista pistoiese, cresciuta artisticamente tra Miami e Singapore, che con soli due pezzi ha messo in mostra doti tecniche e fisiche superiori alla media, e poi i Popforzombie. Da tempo vi parliamo degli autori di ‘Cose Piccole’ su queste pagine e il gruppo non ha deluso le aspettative, calandosi con intelligenza in un contesto diverso dal solito e lasciando intendere che le collaborazioni con musicisti di fama nazionale quali Flavio Ferri, Andrea Chimenti e Max Casacci hanno arricchito il loro bagaglio di esperienze, spingendoli su un livello ancora più alto. I Simple Minds per il sottoscritto sono il video di ‘Don’t You (Forget About Me)’, uscito in un periodo in cui i videoclip erano diventati un mezzo stratosferico di promozione tanto che emittenti come MTV stavano proliferando. In quelle immagini, girate da Daniel Kleinman, poi a servizio di Madonna e Prince, si percepiva chiaramente la differenza tra i Simple Minds ed altre formazioni nate alla fine degli anni ‘70 e con un background post-punk e new wave. Rispetto ai vari Depeche Mode, Bauhaus, The Human League.. gli scozzesi preferirono muoversi su coordinate più pop contribuendo così a caratterizzare il suono degli anni ottanta, che ci siamo portati fino ad oggi. Sempre nel ‘85 uscì ‘Once Upon A Time’, forse il loro migliore disco che venne prodotto da Jimmy Iovine – un personaggio incredibile che dopo aver prodotto capolavori come ‘Born To Run’ di Bruce Springsteen, ‘Under A Blood Red Sky’ e ‘Rattle And Hum’ degli U2 ha fondato la Interscope, ovvero l’etichetta di Eminem, Pharrell Williams, Marilyn Manson e Nine Inch Nails – e nella setlist pezzi come ‘Alive And Kicking’ e ‘Sanctify Yourself’ funzionano ancora. Jim Kerr ha passato i sessant’anni ma ha ancora la voce e l’energia per reggere il palco e trascinare i nostalgici di quell’era. Il vero trionfo è stato però nell’ultima sera con Paolo Nutini, acclamato da settemila persone e capace di riportare Piazza Duomo ai fasti di un tempo. I motivi dietro a tanto riscontro sono tanti. Il primo è che lo scozzese si era già esibito a Pistoia Blues e quella performance era rimasta nel cuore di tanti ragazzi, che oggi sono diventati più adulti ma non hanno dimenticato. Il secondo è che, dopo un lungo silenzio servito per disintossicarsi da tour, discografici e manager, l’artista di padre toscano ha dato alle stampe un lavoro in studio avvincente, ‘Last Night In The Bittersweet’, ed è in cima alle classifiche inglesi. È cambiato parecchio anche il suo show, meno statico e più punk e rock in tanti momenti che hanno alzato ulteriormente una temperatura già elevata. ‘Lose It’, ‘Acid Eyes’ e ‘Dream a Little Dream of Me’, cover di Ozzie Nelson and His Orchestra, sono stati gli apici della parte iniziale di un concerto che ha vissuto un parentesi acustica (‘Last Request’ e ‘Coming Up Easy’) per poi tornare a far bollire amplificatori, chitarre e batteria. A lasciare esterefatti è in ogni caso la voce di Nutini, maledettamente soul a volte ed in altri frangenti capace di evocare il migliore Jeff Buckley, che con ‘Candy’ e ‘Everywhere’ ha superato sé stesso. Immancabili anche ‘Through The Echoes’, l’ultimo singolo che sta costringendo gli addetti ai lavori inglesi a modificare in maniera drastica i loro piani, ‘Iron Sky’ – andatevi a vedere il video delle Abbey Road Session per rendervi conto della sua classe – e ‘Shine A Light’, cantata a memoria da tutti i presenti. Una degna di conclusione di un’edizione di Pistoia Blues che ha portato con sé polemiche, sorrisi, fatica, amicizie e tanta grande musica dal vivo. La verità è che ne avevamo bisogno come dell’aria.