-Core
God Is An Astronaut
Una performance da brividi

L'auditorium di San Domenico di Foligno è un posto incredibile. Le pareti conservano un vasto complesso di affreschi frammentari di carattere votivo, eseguiti da maestri come Cola Petruccioli, Giovanni di Corraduccio e Bartolomeo di Tommaso. Tali affreschi testimoniano l'evoluzione della pittura nel passaggio dal tardo-gotico al primo Rinascimento, negli anni tra la fine del Trecento e i primi del secolo successivo. All'interno dell'auditorium ho avuto l'opportunità di vedere tanti concerti. Per anni ha infatti ospitato alcune delle performance più importanti del Dancity Festival - che tornerà a dicembre con l’edizione invernale - e nei miei occhi quella di Nicolas Jaar, risalente ormai a undici anni fa, rimane insuperabile. E' chiaro che un concerto dei God Is An Astronaut è qualcosa di molto diverso e non soltanto perché l'elettronica non è protagonista.

Gli irlandesi sono ai vertici della scena post-rock da così tanto tempo che non fa quasi più sensazione il loro ibrido tra Mogwai, This Will Destroy You e Explosions In The Sky (appena tornati nei negozi con il bellissimo ‘End’). L'assenza di voce non inficia minimamente l'efficacia di un messaggio dalle radici pacifiste ed in oltre vent’anni la loro visione non è mutata affatto. Al contrario gli autori di ‘The End Of The Beginning’ - celebrato con il recente live album, edito da Napalm Records, e con le due tracce conclusive del set ovvero ‘From Dust To Beyond’ e ‘Point Of Pleasant’ - hanno caratterizzato la propria carriera di una coerenza fuori dall’ordinario, crescendo in intransigenza e pesantezza invece di rendere il proprio materiale più commerciale. ‘All Is Violent, All Is Bright’ e ‘Age Of The Fifth Sun’ sono universalmente considerati gli apici, ma sfido chiunque a trovare un capitolo deludente nella discografia dei fratelli Kinsella, di recente ampliata con due lavori sperimentali come ‘Ghost Tapes #10’ (una via di mezzo tra ‘Origins’ e ‘Epitaph’ con grande contributo dei synth) e ‘Somnia’ (dai risvolti dark ambient e pubblicato indipendentemente dalla band l’anno scorso).


L’attesa discesa italiana del trio, passato pure per Torino e Verona, ha trovato negli affreschi umbri la cornice perfetta per l’espressione massima del potere cinematico ed evocativo di una musica che prende spunto dallo space rock e dal progressive metal in quantità eguali. ‘Adrift’ e ‘Seance Room’ hanno aperto la serata, scandita da suoni micidiali, e subito Torsten e Niels sono riusciti a stabilire una forte connessione col pubblico, sfruttando appieno l’abilità di Lloyd Hanney dietro le pelli ed un impianto luci impeccabile.

Anche quando lo sguardo veniva distratto dalle visual (‘Fade’ e ‘The Last March’), era la musica a trascinare in un’altra dimensione tanto che sulle seggioline rosse dell’auditorium erano numerosi i ragazzi che scuotevano la testa al ritmo delle chitarre con gli occhi socchiusi. Come a sognare. ‘Suicide By Star’, da ‘All Is Violent, All Is Bright’, e ‘Worlds In Collision’, il pezzo di apertura di ‘Age Of The Fifth Sun’, mi hanno letteralmente trafitto il cuore, mentre fissavo allibito il palco accanto agli altri fotografi e giornalisti presenti.

Saluto i ragazzi, sorridenti, e mi rimetto in viaggio, sotto la pioggia. Di sicuro di questo concerto non mi scorderò a lungo. 


Questa la setlist: 

Adrift
Seance Room
Fade
Snowfall
Echoes
The Last March
All Is Violent, All Is Bright
Fragile
Suicide by Star
Frozen Twilight
Burial
Worlds in Collision
From Dust to the Beyond
Point Pleasant 

 

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