Quello che si è appena concluso è da considerarsi un anno semplicemente favoloso per coloro che si cibano di psichedelia e non possono fare a meno di concedere ogni tanto un viaggio acido al disagio quotidiano. In un periodo storico nel quale le etichette si azzuffano pur di trovare il modo di risanare i propri conti, il vinile sta tornando prepotentemente di moda e in generale anni sessanta e settanta vengono depredati da buona parte delle nuove generazioni, abbiamo assistito a qualcosa di più di una mera sfilata di dischi tutti uguali. Potremmo fare una lista di band che hanno lasciato il segno negli ultimi tempi e vi troveremmo entità sonore come White Hills, Howlin Rain, Explosions In The Sky e Black Mountain. Ci sono poi una serie di nomi dei quali torneremo a sentire parlare presto come Dead Man, Astra, Quest For Fire e Polyphonic Spree. Infine non sarebbe possibile esimersi dal citare quei colossi che pur non avendo raggiunto un successo su larga scala hanno segnato in maniera decisiva il decorso del psych rock dell"ultimo decennio come Brian Jonestown Massacre, Warlocks e Comets On Fire. Una volta messa a posto la coscienza abbiamo voluto distinguere cinque formazioni imprescindibili per comprendere in quale direzione si sta muovendo il rock psichedelico e capaci di trasmettere nelle loro canzoni l"odore di marijuana e la purezza dei granuli di sabbia del deserto.
TAME IMPALA
Nati dalle ceneri dei Dee Dee Dums, gli australiani hanno rappresentato in assoluto la rivelazione dell"anno in ambito psych rock anche se il passaparola in rete è nato grazie alla rilettura dal vivo di "Angel" dei Massive Attack. "Innerspeaker" è un disco che miscela sapientemente "The Piper At The Gates Of Dawn" dei Pink Floyd e "Disraeli Gears" dei Cream ma nella voce di Kevin Parker si nasconde una personalità disarmante. Suoni vintage, chitarre incisive, kazoo e melodie sognanti rendono liquida la psichedelia del quartetto che vi farà girare la testa con il video di "Expectation" e non nasconde la propria passione per elettronica e shoegaze. Il vertiginoso rincorrersi di basso e chitarra in "It"s Not Meant To Be" introduce una serie di visioni ipnotiche e distorte che spiazzano l"ascoltatore fino alla stupefacente "Solitude Is Bliss" nella quale viene evocato il John Lennon più lisergico. Fatevi trascinare da "Lucidity" e poi ascoltate i remix che si stanno diffondendo in rete. Non esiste migliore modo per afferrare la loro magia.
DEAD MEADOW
A differenza di tanti gruppi che si innamorano dei propri riff e finiscono per mummificarli aumentando gradualmente il loro distacco col pubblico, il terzetto guidato da Jason Simon ha saputo abbracciare in maniera unica e intellegibile la comunità a cui ha fatto riferimento per anni donando uno strumento di lettura, visione e ascolto se non totalmente innovativo comunque difficile da imitare. "Three Kings" è un vero e proprio film nel quale i protagonisti sono sabbia, effluvi lisergici, suggestive visioni dal sapore mistico e frammenti dell"esperienza vissuta alla Little Radio Warehouse di Los Angeles. I sovrani dell"heavy rock psichedelico, muniti di ingombranti mantelli e monili di rito, hanno deciso di festeggiare i dieci anni di carriera con una folgorante esibizione live e cinque inediti che non si discostano dall"eccellenza di "Old Growth". "Till Kingdome Come" e "At Her Open Door" rappresentano il culmine di un trip sonoro-visivo che trascina l"ascoltatore nel deserto per miglia. Adesso non rimane che tracciare una linea di demarcazione e seguire i raggi del sole verso chissà quale altro miraggio.
THE BLACK ANGELS
Fare meglio di "Passover" e "Directions To See A Ghost" non era affatto semplice ma i texani ci sono riusciti annientando i recinti sensoriali stabiliti dal successo commerciale e realizzando il più ispirato tributo agli anni sessanta dell"anno insieme a "Butterfly House" dei Coral. I vinili di Beatles e Doors devono essere stati consumati durante le registrazioni di "Phosphene Dream" tanta è la vicinanza a quei suoni ma la loro urgenza è dannatamente moderna la loro musica è veramente capace di aprire le porte della percezione come nemmeno Aldous Huxley sarebbe riuscito a fare. Mentre scorrono le nuove canzoni degli angeli oscuri vi appariranno colori sgargianti e galassie lontane, sinuose nudità vi danzeranno intorno e la consapevolezza di sperimentare il loro acido più forte sarà una fedele compagna per tutta la durata di un trip inconcepibile. "Bad Vibrations", "Yellow Elevator #2" e "Sunday Afternoon" vi sveleranno segreti irripetibili svolgendo lentamente un groviglio psichedelico dal quale si liberano dinamiche sperimentali e stacchi ritmici grandiosi.
SLEEPY SUN
Senza dubbio il gruppo meno personale tra quelli citati nello speciale ma il salto qualitativo compiuto in pochi mesi da "Embrace" a "Fever" ha davvero del sorprendente. I ragazzi di San Francisco hanno preso in prestito da Warlocks e Comets On Fire la passione per Grateful Dead e Jefferson Airplane, non ne fanno mistero e si permettono di scherzare a fare i grandi con James Lavelle. Le loro atmosfere sono sempre più rarefatte, le chitarre lisergiche e i frammenti acustici decisamente anacronistici eppure il loro ascolto produce una sensazione di serenità concreta. La poesia espressa da "Wild Machines" e "Open Eyes" si scontra con il tentativo di riportare indietro il tempo e se tra qualche anno non ci saranno riusciti The Black Angels e White Hills allora potrebbero davvero farcela gli Sleepy Sun.
PONTIAK
E" difficile sapere a quante jam si siano sottoposti mentre le seguenti parole prendevano forma ma oltre alla loro straordinaria prolificità artistica i fratelli Carney hanno saputo regalare agli appassionati di psichedelia uno spaccato attuale del deserto descritto in "Vincebus Ereptum" e "Blues From The Red Sun". "Maker" e "Sea Voids" avevano reso sublime il loro incedere sicuro sul percorso tracciato da ""Sun Of Sun" mentre con "Living" i rischi sono aumentati e la band nata nei pressi di Baltimora ha saputo riscrivere il concetto di stoner. Blue Cheer e Kyuss non sono più manifesti appesi in sala prove dai quali prendere ispirazione ma riletture coerenti e moderne che vanno a supportare un suono definito e difficilmente permeabile. Lo spirito sperimentale che caratterizzava le due uscite dell"anno scorso è rimasto inalterato e le dodici ossa che costituiscono lo scheletro di "Living" riportano alla mente l"esuberanza creativa dei Motorpsycho nella seconda metà degli anni novanta.