Il giorno di John Grant. La fila che ho visto all'Harpa per accaparrarsi i biglietti per le due serate con cui l'autore di 'Pale Green Ghosts' e 'Grey Tickles, Black Pressure' ha deliziato l'Iceland Airwaves aveva dell'impressionante ma non mi ha stupito visto il seguito che sta ottenendo questo musicista nell'ultimo periodo. Dopo averlo ammirato imporsi in uno dei teatri più belli del mondo e con l'Iceland Symphony Orchestra di contorno posso dirvi che non vedo nessun altro al suo livello in questo momento. Ma andiamo per ordine perché il secondo giorno del festival ha riservato altre sorprese. Intanto chi aveva seguito altri concerti ha potuto godersi Mr. Silla, Fufanu, Agent Fresco, Sturle Dagsland, East Of My Youth, Teitur Magnússon e Pink Street Boys in altre situazioni e location. Personalmente ho voluto rivedere i Vio nella maestosa Silfurberg, gli Úlfur Úlfur al Bryggjan Brugghús e Sóley al Slipbarinn e tutti e tre hanno risposto in maniera fantastica. Non ho potuto seguire invece gli italiani Joy Cut, Mirel Wagner - grande voce ma in coincidenza con John Grant dall'altra parte del centro di Reykjavík - e My Bubba e me ne dispiace. Rimanendo sulle delusioni non ho apprezzato troppo LA Priest, per cui la stampa specializzata ha espresso elogi importanti, e The Pop Group che non hanno saputo sfruttare la temperatura della Norðurljós dopo lo sconcertante ghostigital. Le rivelazioni della giornata sono state senza dubbio Soffía Björg, Østfrost e russian.girls mentre le conferme sono arrivate da GusGus, Low Roar e Mercury Rev. Questi ultimi in forma splendida presso la Silfurberg hanno promosso l'ultimo lavoro in studio 'The Light In You', oltre a diversi classici, e anticipato la salita sul palco di Father John Misty mettendolo quasi in difficoltà considerata la qualità della loro performance. Interessante la proposta dell'Art Museum con Sykur, Lucy Rose e Aurora così come Emilie & Ogden al Kaldalón. Un discorso a parte lo meritano però John Grant ed i Kontinuum.
La tensione nell'immensa sala Eldbörg era tangibile. Migliaia di persone chiamate a sottolineare con i loro sospiri, ed in certi casi gemiti, i sussulti baritonali del cantante americano ormai residente in terra islandese da numerosi anni e responsabile del clamore suscitato all'estero da Ásgeir Trausti Einarsson. Il sodalizio con l'orchestra– pensate che in conferenza stampa ha dichiarato che le prove si erano protratte per soli due giorni e che sarebbe stato sicuramente un disastro – si è rivelato stupefacente fin dai primi minuti e la carta vincente è stato l'utilizzo dei synth e dei dance beat in un contesto del genere tra violoncellisti e percussionisti di prim'ordine. La title track del terzo full lenght solista ha aperto le danze e subito si è capito che John Grant avrebbe potuto benissimo fare a meno del microfono. Uno strato di grazia impressionante. Una voce che ti prende dentro, ti afferra e non ti molla più unita alle liriche più avvincenti dei tempi moderni. A 'Marz' i presenti hanno cominciato a sciogliersi, 'Where Dreams Go To Die' e 'It Doesn't Matter To Him' hanno confermato la loro efficacia e poi è stato tutto un susseguirsi di singoli da capogiro. 'Pale Green Ghosts' e 'Glacier' hanno rappresentato i punti più alti, 'Magma Arrives' ha sancito il legame con la terra che ha accolto l'ex The Czars mentre l'ironia ha voluto che i successi internazionali 'Disappointing' e 'GMF' venissero sussurrati dal pubblico quasi a non volere disturbare l'orchestra e rispettare le regole del teatro. Chiusura da pelle d'oca con 'Drug', 'Caramel' e dieci minuti di applausi ininterrotti nonostante l'evidente timidezza del protagonista assoluto della serata. Al suo fianco l'inseparabile Petur Hallgrimsson ed il bassista Jakob Smári Magnússon che ricordiamo nei Tappi Tíkarrass ovvero il gruppo pre-Sugarcubes di Björk.
Un altro apice dell'Iceland Airwaves è coinciso con la discesa in campo degli autori di 'Earth Blood Magic' e 'Kyrr' al Nasa. Due album magnifici che hanno segnato un'evoluzione importante per la formazione capitanata da Birgir Mar Thorgeirsson che ormai ha trovato l'equilibrio perfetto e aggiunto esperienza dal vivo all'estro di base. I copiosi retaggi black metal e l'amore per le atmosfere decadenti che hanno accompagnato l'infanzia del leader hanno trovato riflesso in una scaletta potente e melodica con 'Breathe' e 'Moonshine' semplicemente micidiali ed i presenti impazziti al cospetto di un musicista così dotato. Ormai i Kontinuum non possono porsi più limiti e il prossimo contratto discografico di cui mi hanno parlato nel backstage sarà il primo tassello nell'ottica di una presenza più assidua nel vecchio continente e addirittura oltreoceano. E' vero che Reykjavík è la capitale più a Nord del mondo ma l'elitarietà e la solitudine narrate nei romanzi di Halldór Laxness non hanno senso dinnanzi ad una musica che puo' arrivare ovunque.
(parole di Lorenzo Becciani)